Supermarket Samos

A Samos c’è un hotspot. Un centro di accoglienza e smistamento dei migranti che provengono dalle coste turche. La Turchia prende, dal 2016, diversi miliardi di euro dall’europa per «trattenere» i migranti. Evidentemente qualcuno sfugge. O viene lasciato sfuggire, come avvertimento, come dimostrazione di forza e ricatto.
Non sta a noi giornalisti cambiare le leggi, o la consuetudine o le convenzioni internazionali. Le leggi, giuste o meno giuste all’apparenza, si applicano e non di discutono. Ma l’hotspot è un non-luogo. È a tutti gli effetti un centro di detenzione dove in attesa di un giudizio di accoglienza o meno i migranti stazionano per giorni, mesi in alcuni casi anni. È un non-luogo dove i più elementari diritti umani di salute, sicurezza, rispetto vengono calpestati ogni giorno. Le leggi ci sono e vanno applicate, e qui sarebbe un primo passo. Ma dove è l’umanità nel far vivere 3500 persone, di cui 1000 minori e 120 minori non accompagnati, in uno spazio che ne prevede 650. Con pochissimi rubinetti dell’acqua, due medici (di cui uno psicologo), due pasti al giorno per cui si fanno tra le 4 e le 5 ore di fila. Dove proliferano malattie per le condizioni igieniche. Dove si viene morsi da serpenti e ratti. Nessuno utopicamente può sostenere che si debbano aprire i porti e le frontiere a tutti. Ma che si intervenga con umanità all’interno delle leggi è doveroso per ogni paese civile, e non.

Safonis lo conosciamo per caso in una piazza di Vathy, la più grande città di Samos.
È un tipo a causa del cui aspetto non daresti attenzione, in una nostra città. Anzi forse per i modi che ha, lo evitetesti.
Ci porta nel suo supermarket. Si chiama Open doors. Mi tornano alla mente le parole delle tante persone che negli anni ho incontrato e che hanno detto: «È impossibile abbattere i muri,  ma si possono aprirvi delle porte».
«Sono rifugiato e vengo dal pianeta Terra, non importa da dove io venga, importa che io sia un essere umano, siamo tutti gli stessi esseri umani. Ho creato questo Supermarket insieme a un professore di una università in Inghilterra, abbiamo creato questo progetto per aiutare le persone, portando prodotti vicino a chi avesse più bisogno a dei prezzi buoni, giusti. Questo supermarket rompe un po’ il sistema, perché tutti noi esistiamo e tutti noi abbiamo delle esigenze. Con questo supermercato voglio dare un messaggio, non a me, non a te ma lui (indica un bambino). Forse sarà come me da grande o forse questo bambino sarà un bambino che verrà dalla Germania, sarà un bambino che verrà dall’Austria o dall’Italia o dalla Svizzera o potrebbe essere anche greco come mia figlia. Nel campo ho sentito tante storie che fanno smettere di credere agli esseri umani e all’umanità: ho sentito di donne incinte che dormono per terra, di bambini piccoli morsi dai ratti. Se mettessimo degli animali in quel campo tutto il mondo farebbe delle manifestazioni a favore di quegli animali, per migliorare le loro condizioni di vita. Ma loro sono solo esseri umani, come me, come te, come mio padre, mia madre. Cosa stiamo costruendo? Quale futuro? Come stiamo crescendo queste generazioni? Ci stiamo dimenticando della storia. Tutta la gente greca e molta della gente Europea è stata rifugiata. E quando chiedi loro come sono stati trattati da rifugiati o i loro nonni rispondono: «Bene! Abbiamo avuto tante opportunità», e quando chiedo come stanno trattando i rifugiati loro rispondono: «Molto male». Ed è per questo che ho creato questo supermercato, in cui si trovano prodotti tipici dei Paesi da cui provengono i migranti per dare un senso di casa, di tradizione, un legame con il proprio territorio di origine e per non dimenticare le proprie radici».
Ed è per questo che a Safonis piace dire e mettere in pratica che la ricchezza e la povertà devono essere diffuse, in qualche maniera, uguali per tutti.
Sta entrando nel supermercato un signore sui 60-65 anni, dai tratti arabi, vestito con una lunga tunica bianca, il quale acquista un po’ di riso e alcune boccettine con delle spezie. Il costo è di «‚¬7 lui ne ha solo due. Safonis prende un block notes e nella pagina dedicata a quest’uomo segna: 5»‚¬. «Quando li avrai, me li darai». Dice.

Ricordate il cartello appeso in molti bar dietro la cassa? «Per colpa di qualcuno, non si fa credito a nessuno». Si potrebbe così dire che «Per colpa di qualcuno, qui, si fa credito a tutti».

Chiesa cattolica svizzera

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