La solidarietà può essere reato?

Il fatto della capitana Carola Rackete e dei suoi guai con la giustizia italiana è forse solo l’episodio più famoso; ma in realtà sono sempre più frequenti in Europa, anche in Svizzera, i casi di persone, di esponenti di ONG o di organizzazioni cristiane che si rendono passibili di condanna per aver aperto le loro porte a migranti in difficoltà, averli ospitati e aiutati. 
Nelle sentenze dei giudici appare scritto in questi casi: «Favoreggiamento del soggiorno irregolare». Le sanzioni che riguardano tale reato sono state pensate per contrastare i trafficanti di esseri umani. Ma sempre più ne sono colpiti anche coloro che aiutano per solidarietà e amore al prossimo gli stranieri che non sono in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Uno dei fatti più recenti riguarda un parroco di Zurigo che aveva messo a disposizione l’appartamento della sua parrocchia ad una donna armena, malata di cancro e vittima di violenza domestica, ma in situazione irregolare.
Attualmente preoccupa molto la questione degli eritrei. Il parroco della comunità eritreo-cattolica della Svizzera ha già individuato, solo tra i suoi fedeli, più di cento casi di persone che hanno ricevuto un diniego alla loro richiesta di asilo.
Dal 1° marzo 2019 i richiedenti asilo respinti vengono alloggiati in Centri in attesa dell’espulsione. Si tratta di luoghi isolati in cui non vi è più alcuna possibilità di integrazione. Lì ricevono 8 franchi al giorno a con questa somma devono provvedere a tutto il necessario per il proprio sostentamento. Troppo per morire e troppo poco per vivere nella ricca e costosa Svizzera.
Ma non può essere che la legge sia ingiusta? L’Eritrea è d’improvviso diventata un paese democratico in cui si rispettano i diritti umani? Come è possibile senza una costituzione, senza elezioni valide, con un sistema politico a partito unico? Proprio di recente i Vescovi dell’Eritrea hanno lanciato un grido di allarme. Il governo ha confiscato arbitrariamente ospedali e centri sanitari gestiti dalla chiesa cattolica. Almeno 170.000 malati si sono ritrovati per strada e non ricevono più assistenza.
Non esiste per il momento un accordo per il rimpatrio tra Svizzera ed Eritrea. Non si possono eseguire, quindi, le espulsioni. I richiedenti asilo diniegati rimangono in un limbo. Sappiamo quanto hanno sofferto per arrivare qui attraversando il deserto del Sahara, subendo ogni sorta di violenze in Libia, superando il Mediterraneo… rischiando continuamente la vita.
«Non sapevate cosa stava succedendo?» è la domanda che da ragazzina ho rivolto agli adulti a scuola sentendo parlare dei massacri di ebrei, rom, disabili, ed esponenti dell’opposizione politica in Germania durante la seconda guerra mondiale. Non si sapeva cosa stava succedendo quando venne condannato il capitano della polizia Paul Grüninger che aiutò centinaia di ebrei perseguitati dai nazisti falsificando e manipolando documenti?
Forse un giorno qualcuno ci rivolgerà la stessa domanda riguardo ai profughi che muoiono nel tentativo di raggiungere i nostri paesi e alle persone che tentano di aiutarli e vengono denunciate.
Quale sarà la nostra risposta?
Christiane Lubos, missionaria scalabriniana a Soletta (Svizzera)

Chiesa cattolica svizzera

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