Al via la preparazione del sinodo amazzonico, per un ecologia integrale

«Con questo Sinodo giunge a maturazione un lungo cammino di 30-40 anni, fatto dalla Chiesa latinoamericana, che, dal punto di non ritorno della Conferenza di Aparecida del 2007, ha plasmato la sua coscienza sulla necessità di camminare e agire insieme ai popoli amazzonici. La consapevolezza è quella dell’importanza fondamentale che l’Amazzonia ha per il futuro dell’interno pianeta». Ad affermarlo è il cardinale peruviano Pedro Barreto Jimeno, vicepresidente della Repam, la Rete ecclesiale panamazzonica, e arcivescovo di Huancayo. In questi giorni, che coincidono con la presentazione – lunedì 17 giugno – dell’Instrumentum Laboris del Sinodo sull’Amazzonia del prossimo ottobre, il cardinale è in piena attività e si è trasformato in una sorta di «ambasciatore» del Sinodo a nome della Repam: dal suo Perù a Bogotá, fino a Roma, dove la settimana scorsa ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e ha partecipato ad alcuni importanti incontri, tra i quali uno con gli ambasciatori in Vaticano dei Paesi amazzonici.

Un capillare ascolto diretto. L’Instrumentum Laboris parla esplicitamente dell’Amazzonia come «nuovo soggetto», che dev’essere, come è effettivamente stato in questa fase preparatoria del Sinodo, oggetto di ascolto. Con l’obiettivo di scorgere il «volto amazzonico e missionario» di questa parte di pianeta così ricca di una grande pluralità di popoli e di risorse naturali.

Il cardinale Barreto fornisce numeri importanti, riguardo alla fase dell’ascolto, affidata in special modo alla Repam, che ha preceduto la redazione dell’Instrumentum Laboris. «L’ascolto diretto del territorio – spiega – aveva l’obiettivo di allargare la partecipazione delle popolazioni e di fedeli, attraverso assemblee, incontri tematici, dibattiti. Siamo arrivati a 87mila persone, a 22mila attraverso eventi organizzati direttamente dalla Repam e a 65mila nelle fase preparatoria precedente, nei nove Paesi che costituiscono la Panamazzonia». Si tratta di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname, Guyana Francese.

Un territorio di 7,5 milioni di Kmq, che rappresenta il 43% della superficie del Sudamerica, nel quale si concentrano il 20% delle riserve d’acqua dolce non congelate del pianeta, il 34% delle foreste primarie, tra il 30 e il 40 per cento della flora e della fauna del mondo. L’Amazzonia viene considerata un bioma, cioè un sistema vivo, che «funziona come uno stabilizzatore climatico regionale e globale, mantenendo l’umidità nell’aria, tanto che un terzo delle piogge che alimentano la Terra sono prodotte da questa regione. E poi c’è una preziosa socio-diversità, con la presenza di 2 milioni e 800mila indigeni, che appartengono a 390 popoli, 137 dei quali vivono isolati dal resto del mondo o non sono mai venuti a contatto con altre etnie». In tutto, la regione panamazzonica ha 33 milioni di abitanti.
«Dappertutto abbiamo riscontrato un entusiasmo inimmaginabile – prosegue il vicepresidente della Repam -. Le popolazioni amazzoniche si sentono per la prima volta rispettate e ascoltate».

Voce profetica contro minacce e sfruttamento. Le aspettative sono quelle di una Chiesa che cammina con questo popolo e questo territorio, mostrando la propria vitalità missionaria: «Questa porzione di terra – prosegue il cardinale Barreto – è il bioma attraverso il quale si esprime la vita nella sua grande diversità, come uno dono di Dio per tutti coloro che la abitano e per tutta l’umanità. Tuttavia, si tratta di un territorio sempre più devastato e minacciato». Come è noto, lo sfruttamento del territorio ha molteplici volti: deforestazione, miniere diffuse e spesso illegali, monoculture che distruggono la biodiversità, deportazione delle popolazioni indigene. «Secondo la Dottrina sociale – aggiunge il porporato – la missione di ogni cristiano implica un impegno profetico per la giustizia e la pace, la dignità di ogni essere umano senza distinzione e con l’integrità del creato, in risposta a un modello di società dominante che produce esclusione, diseguaglianza e che provoca quella che Papa Francesco a chiamato cultura dello scarto».

E’ proprio questa «profezia», che mostra un modello di sviluppo basato sull’ecologia integrale delineata nell’enciclica Laudato Si’, a destare speranze ma anche preoccupazioni, visti i tanti interessi in gioco. «Non nego – spiega il cardinale Barreto – che ci siano preoccupazioni e inquietudini da parte del mondo politico ed economico». Ma è lo stesso porporato a segnalare come gli Stati della regione panamazzonica abbiano sottoscritto le principali Dichiarazioni sui diritti umani, compresa quella sui diritti del popoli indigeni, del 2007. In ogni caso, la certezza, è quella di una Chiesa «che si è svegliata» e che «non tornerà indietro», proprio perché il Sinodo amazzonico non è un’estemporanea intuizione, ma il «frutto maturo» di un lungo cammino.

(AgenSir)

Chiesa cattolica svizzera

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