Come e perché trovare tempo per pregare

Che le nostre giornate siano strapiene di (eccessivi) impegni e lavoro, al punto che non riusciamo a ritagliarci neppure adeguati momenti per le relazioni, anche familiari, è un’esperienza comune a molti nostri contemporanei, sbattuti tra lavoro e famiglia, ma che un prete/religioso confessi di faticare a trovare il tempo per la preghiera, questo rappresenta forse una notizia non proprio usuale. Ma come, se un prete o un religioso, a differenza del laico, ha proprio «quel» compito? Come fa allora a non trovarne il tempo? Oppure, quand’anche lo trovi, non riuscire a pregare «come» vorrebbe?

Eppure è proprio da queste considerazioni che ha preso le mosse Gianluca Attanasio – nato a Milano nel 1968, presbitero della Fraternità di San Carlo, dal 2014 parroco a Santa Giulia a Torino – per un libro fresco di stampa per i tipi delle edizioni del Messaggero di Padova «Il tempo di chi prega. Dialogare con Dio attraverso i Salmi», dedicato a don Paolo Sottopietra, attuale superiore della Fraternità, di cui l’autore è stato stretto collaboratore. Un libro, nato a seguito di una serie di trasmissioni a Radio Maria, che parla di esperienza personale e di «rimedi» personali, appositamente individuati per risolvere il problema, quasi un caldo consiglio per quanti si trovano ad attraversare la stessa difficoltà e quindi la soddisfazione di un traguardo: «Che grande liberazione, è stata, seguendo il consiglio della chiesa, pregare con i salmi. Ognuno di essi mi prende per mano e mi conduce verso Dio». Come riescono nell’impresa? «I salmi non sono un trattato di teologia sulla preghiera, ma preghiere che ci insegnano a pregare. Come non si può imparare a nuotare se non nuotando, così non si può imparare a pregare se non pregando». Da qui la condivisione di un’esperienza quotidiana attraverso degli «esempi» concreti, leggi salmi ben precisi, che vengono commentati in maniera didattica, ben comprensibile a tutti gli interlocutori, in genere al di là di qualsiasi preparazione teologica.

Si comincia con il Salmo 94 (95), chiamato anche «invitatorio» perché si tratta di quello che la Chiesa invita a recitare all’inizio della Liturgia delle Ore: «un salmo bellissimo che ci insegna come disporci alla preghiera». «Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie …» (Ps 95,1-3). Per la cronaca era stato esattamente questo il Salmo da cui era partito, nel 2000, il vescovo emerito di Brescia, Luciano Monari, per la sua famosa «Scuola della Parola» a Piacenza, intesa come un invito alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio. «Accostiamoci a Gesù, come Maria e Giuseppe che lo prendevano in braccio – scrive don Attanasio – avviciniamoci a lui come quando stringiamo un figlio o abbracciamo la persona che amiamo. E’ questa l’esperienza stupenda della preghiera: possiamo accostarci a Gesù! Ci siamo alzati con tanti pensieri che ci ronzavano nella mente, però adesso abbiamo aperto il libro delle Ore e ci accostiamo a Gesù per rendergli grazie. Abbandoniamo per un momento le nostre preoccupazioni e affidiamoci a lui. E, se non si riusciamo, offriamogli la nostra povertà».

Con lo stesso stile il lettore viene poi accompagnato per mano nella lettura dei salmi: non una semplice lettura, bensì parole che si fanno preghiera, l’intenzione originaria del salmista. E l’Autore è lì a fianco che aspetta: non il teologo che spiega una lezione, ma l’amico fraterno che tende la mano, conforta l’incertezza, aiuta a rialzarsi da una caduta, sempre con un’unica convinzione: «Attraverso la preghiera iniziamo ad alzare la testa verso l’alto». Ogni giorno siamo assaliti dal pensiero che tutto dipenda da noi, che le sorti della nostra famiglia, dell’ambiente di lavoro, del mondo intero siano nelle nostre mani: non è così, leggiamo scorrendo il testo, perché Dio è il Signore e le sue mani hanno plasmato la terra. Non siamo soli a tessere il nostro destino: Qualcuno ci ha voluti, e amati, fin dall’eternità e, soprattutto, non ci lascerà mai soli, alla deriva di un’esistenza priva di significato, nonostante tutte le nostre corse e i nostri vortici, degni della centrifuga di una lavatrice o, come scrive, «trascinati da una società che corre sempre più veloce, non hanno tempo per l’esperienza più bella della vita».

E’ un’iniezione di fiducia questo saggio che, oltre all’invito alla preghiera, infonde tanta speranza ai troppi contemporanei che, a sera, si ritrovano al rientro dal lavoro, oppressi da quell’interrogativo sul senso delle loro giornate, sul fine di tante corse e affanni che tolgono il tempo anche agli affetti più cari. «Non temete», sembra ripetere ad ogni pagina l’autore. «Don Giussani insegnava a coloro che si dedicano a Dio a trascorrere tutti i giorni un’ora di preghiera e meditazione e ripeteva spesso: «Il primo quarto d’ora passatelo in ginocchio». Stare in ginocchio cambia il nostro atteggiamento. Ho i miei pensieri in testa e sono convinto che il mondo debba andare come desidero io, e invece mi metto in ginocchio e riconosco che c’è uno infinitamente più grande di me»». Ma, continua l’autore, anche se Dio è infinitamente grande, tuttavia «si abbassa fino a noi, ci mette una mano sulla spalla e inizia a dialogare con noi come farebbe un amico di lunga data». Non resta allora che «aprire il nostro cuore, così da permettere alla sua voce di raggiungerci: e, in fin dei conti, è proprio questo il senso della preghiera: un mettersi in ascolto del Signore, «Ascoltate oggi la sua voce». A patto di abbandonare ogni forma di orgoglio o di sufficienza e «il bello arriva quando decidiamo di spalancargli la nostra porta … e la nostra catapecchia, sudicia e inospitale, si trasforma in uno splendido palazzo».

«L’esperienza dimostra che dialogare con Dio è semplicissimo: basta cercarlo!», conclude don Attanasio sottolineando tutta la nostra incongruenza di occidentali, figli del pensiero greco: essere soliti pensare che speculare su Dio ci faccia conoscere qualcosa su di lui. Non è esattamente vero, leggiamo nel testo, perché sarebbe «come se un giovane volesse scoprire se esiste veramente la donna della sua vita disquisendo con gli amici sulla natura delle donne. Mentre, per conoscere una ragazza, è necessario invitarla fuori a cena e cominciare a dialogare con lei». E sono anche tanti luoghi comuni che svaniscono come la neve in primavera, a costituire l’asse portante dei diversi capitoli dove si parla della presenza del male e della malattia nel mondo, dei peccati dell’uomo e della misericordia di Dio, del timore della morte, persino dei dubbi sull’esistenza stessa di Dio. Ma, su tutti, ciò che resta è sempre quella certezza: quando attraversiamo i giorni della vita in atteggiamento di preghiera, «Ogni cosa che facciamo ci riempie di letizia perché siamo certi che, offrendo tutto a Dio, il nostro povero lavoro acquista un valore eterno».

(Vatican Insider)

Chiesa cattolica svizzera

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