Attraversare i luoghi percorsi da Gesù per riscoprire la fede semplice dei pastori

Affamati di vita e di gioia, o forse spinti da una domanda, da un’inquietudine, da un richiesta di senso. La quarantina di pellegrini che si sono uniti al viaggio in Giordania e Israele organizzato dalla parrocchia di Locarno non sono stati solo turisti. Ne testimoniano il ritmo del viaggio, i momenti di commozione, l’intensità dei rapporti nati e ciò che si è toccato con mano: il mondo della Terra Santa. Un viaggio in cui la Bibbia ha preso vita e il cammino dei locarnesi nei luoghi in cui Gesù ha vissuto è stato un mettersi alla sequela del Suo itinerario. Si è partiti dalla Giordania, visitando Gerasa, il Monte Nebo, Petra, e poi, superando il Giordano, ci si è fermati in Galilea e poi a Gerusalemme, con Betlemme. Non c’è dubbio che uno dei luoghi più significativi è stato il Santo Sepolcro, con la Messa finale con i francescani, davanti all’edicola della tomba vuota. Un paradosso: «Cosa cercate, un sepolcro vuoto?», che tuttavia interroga il mondo intero. Che cosa resta, allora? Lo abbiamo chiesto ai partecipanti: «Ci siamo aiutati– spiega Andrea – come se fossimo stati una piccola comunità che cercava di rinfrescare quel che a casa magari è un po’ spento. Il pellegrinaggio – continua – deve essere una continuazione verso altre mete, non deve finire quando il viaggio è terminato». E non è certamente terminato il viaggio di Manuele, un giovane papà che ha voluto accompagnare sua mamma. «In realtà volevo capire se questo pellegrinaggio aveva qualcosa da dire al mio cuore – spiega Manuele – e sono rimasto toccato e commosso dalla fede delle persone, mi ha colpito la convivenza delle religioni». La speranza, per Manuele, che rimette piede nella questione religiosa con una domanda di senso grande, è quella che la fede non sia più slegata dalla pace. Una parola ripresa anche da Mauro e Luana, una giovane coppia: «Era la prima volta in Terra Santa per me – dice Mauro – e torno con tante emozioni da elaborare e sistemare. Ai nostri figli abbiamo spiegato un po’ di cose prima di partire, ma al ritorno saranno ricordi così vivi che sarà più semplice raccontare». «Io vorrei dire alla nostra comunità, ai miei figli, di non avere paura», replica Luana. «Metti il piede qui e senti che c’è una sicurezza spirituale che va oltre tutti i timori». L’ha ricordato bene don Carmelo Andreatta, guida spirituale del pellegrinaggio durante l’omelia a Betlemme: «Siamo invitati a tornare sempre al nocciolo, nel silenzio e nella contemplazione. Magari in questi giorni fatichiamo perché vediamo consumismo, turismo. Ma anche Gesù ha trovato questo e in mezzo al trambusto ha cercato di trasmettere l’essenziale. I primi che hanno capito sono stati i pastori, perché erano poveri, spogli dalle loro impostazioni e schemi». In effetti, la domanda di senso, l’esperienza vissuta non può essere accantonata un’altra volta. Una sfida che si può affrontare anche grazie a una compagnia, come la parrocchia.

Chiara Gerosa

Chiesa cattolica svizzera

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