Nella «comune preghiera» del Padre Nostro «è racchiusa la nostra identità di figli e, oggi in modo particolare, di fratelli che pregano l’uno accanto all’altro». Con queste parole il Papa ha salutato il «caro fratello» Daniel e i fedeli ortodossi, nella cattedrale ortodossa della Salvezza del Popolo di Bucarest, definita un «tempio santo che ci raccoglie in unità». «La propria chiamata non è completa senza quella del fratello», ha detto il Papa riferendosi allo speciale legame tra Pietro e Andrea e alle due chiese che rappresentano: «Oggi vogliamo elevare insieme, gli uni accanto agli altri, «gettare insieme», dal cuore del Paese, la comune preghiera del Padre Nostro», ha annunciato Francesco a proposito di ciò che sarebbe avvenuto subito dopo. «Ogni volta che diciamo ›Padre nostro’ ribadiamo che la parola Padre non può stare senza dire nostro», ha spiegato il Santo Padre cominciando un’intensa meditazione sulla preghiera per eccellenza dei cristiani, già oggetto di un recente ciclo di catechesi del mercoledì. «Aiutaci a vincere la tentazione di sentirci figli maggiori, che a forza di stare al centro dimenticano il dono dell’altro», l’invocazione del Papa, che ha stigmatizzato le «dinamiche orientate dalle logiche del denaro, degli interessi, del potere», del «consumismo sempre più sfrenato, che ammalia con bagliori luccicanti ma evanescenti». Di qui l’invito a «rinunciare alle comode sicurezze del potere, alle ingannevoli seduzioni della mondanità, alla vuota presunzione di crederci autosufficienti, all’ipocrisia di curare le apparenze». Oltre al pane quotidiano, Francesco ha chiesto anche «il pane della memoria, la grazia di rinsaldare le radici comuni della nostra identità cristiana, radici indispensabili in un tempo in cui l’umanità, e le giovani generazioni in particolare, rischiano di sentirsi sradicate in mezzo a tante situazioni liquide, incapaci di fondare l’esistenza».

La cultura dell’incontro