Il ricordo e la testimonianza di Jean Vanier, scomparso da poco

Durante il viaggio di ritorno dalla Macedonia del Nord e ancora durante l’udienza del mercoledì Papa Francesco ha di nuovo ricordato Jean Vanier, fondatore delle comunità di accoglienza per persone con disabilità mentali «L’Arche» e anche del movimento Fede e Luce, scomparso negli scorsi giorni. «Voglio esprimere la mia gratitudine per questa testimonianza, un uomo che ha saputo leggere la forza cristiana dal mistero della morte, della croce, della malattia. Dal mistero di coloro che nel mondo sono scartati. Ha lavorato non solo per gli ultimi ma anche per coloro che prima di nascere rischiano di essere condannati a morte. Ha speso la sua vita così. Grazie a lui e grazie a Dio – ha concluso il Papa – per averci dato un uomo di una così grande testimonianza».

Paolo Vicentini, della comunità Arcobaleno di Fede e Luce Locarno, ha più volte incontrato Jean Vanier. Ecco il suo ricordo.
Paolo Vicentini ha conosciuto il movimento Fede e Luce a Roma, sua città d’origine. Lo ha ritrovato al suo arrivo in Ticino dove ora fa parte della Comunità Arcobaleno di Locarno. Ha incontrato più volte il fondatore del movimento Jean Vanier. «Era una figura di riferimento, di quelle che però lasciano spazio agli altri  e che colpiscono per la loro umiltà», ci racconta. Negli scopi e nel modo di operare di Fede e Luce, una rete di comunità di accoglienza e valorizzazione delle persone con disabilità mentale e delle loro famiglie, c’è sicuramente la sua impronta: al centro della comunità va messo il piccolo e il fragile, in modo che possa trovare il giusto spazio ed essere valorizzato per le sue caratteristiche e le sue particolarità. «Di Jean Vanier mi ha sempre colpito la semplicità e delicatezza, la capacità di accogliere tutti, di essere sempre all’ascolto e di trasmettere serenità», ci racconta Paolo Vicentini. «In un’occasione ho parlato con lui per forse un quarto d’ora, ma mi è sembrato un tempo lunghissimo talmente la sua intensità di ascolto era grande». Nelle sue conferenze tornava sempre sugli stessi temi: il piccolo,  il fragile e l’importanza dell’accoglienza, tanto che a volte in un primo momento «rimanevo un po’ deluso: mi aspettavo altro. Ma alla fine capivo che queste erano le cose importanti, mettere al centro il piccolo, e uscivo dalle conferenze con una nuova carica». L’insegnamento più grande ricevuto da Fede e Luce e da Jean Vanier? «Accogliere con gratitudine e generosità la vita con tutto quello che essa porta e  comporta» . In fondo " è meglio accendere una candela che maledire l’oscurità».

Ecco il ricordo di Rilli Tadini, della Comunità «Arcobaleno» di Locarno
«È con profonda emozione che mi appresto a scrivere i miei ricordi di Jean Vanier in occasione della sua morte. Penso che figure come la sua restano per sempre nel cuore di coloro che in tutto il mondo hanno raccolto il suo messaggio d’amore. Sentii parlare di «Fede e Luce» da una suora e colpita dalla grandezza di questo messaggio partecipai per un anno agli incontri della comunità di Bellinzona e nella primavera del 1982 insieme ad altre 3 locarnesi iniziammo il cammino che faticosamente continua ancora oggi. Jean Vanier ha avuto il grande coraggio di ascoltare il richiamo di Dio che lo ha portato a lasciare la Marina reale canadese e successivamente a rinunciare a diventare sacerdote per scoprire un aspetto del Vangelo che non conosceva. Con umiltà si è sentito chiamato ad accogliere quegli uomini disprezzati dalla società, visse con loro e scoprì che essi gli apportavano molto più di ciò che lui donava loro. Nacque così la prima Arche e altre ancora in tutto il mondo: erano il segno dell’amore particolare di Gesù per chi non ha molta speranza umana. Chi è stato ferito, messo da parte, rifiutato, chi non è dotato di molte capacità umane ha sovente una coscienza d’amore nei riguardi di Gesù molto più forte di altri. Nel 1971 di fronte a un rifiuto di accettare handicappati ad un pellegrinaggio a Lourdes fondò con Marie Hélène Mathieu il movimento Fede e Luce, diffuso in tutto il mondo, con comunità formate da persone handicappate, le loro famiglie e gli amici che si ritrovano per percorrere insieme un cammino di fede, di gioia e di fratellanza. Io faccio parte della comunità Arcobaleno di Locarno e vivo fin dall’inizio questo spirito di gioia, di accoglienza e di grande serenità che solo nella fede vera si prova. Ho avuto la fortuna di conoscere Jean Vanier in tre occasioni particolari. Partecipando ad un corso da lui tenuto a Triuggio di una settimana, lui ogni sera dopo gli incontri durante la messa attualizzava il Vangelo: fu un’esperienza unica, forte che mi segnò profondamente e mi diede coraggio e certezza che la strada che stavo percorrendo era quella che mi portava a vivere pienamente la mia fede. Altre due volte lo incontrai: si fa per dire perché lui era sempre molto umile e non osava mostrarsi ma c’era eccome!! I due pellegrinaggi mondiali a Lourdes del 1991 e del 2001 a cui partecipai mi aprirono il cuore e mi diedero uno slancio indimenticabile. Si svolsero durante tutta la settimana santa: i riti pasquali erano indirizzati agli handicappati con coinvolgimento degli stessi che turbava e prendeva allo stesso tempo. Non sentì mai la stanchezza ma la gioia di vivere quella esperienza completamente fino a ritrovarmi a notte fonda a pregare davanti alla grotta con le lacrime agli occhi. E poi la bellezza del messaggio d’amore di Jean Vanier raccolto da tutto il mondo: una marea di gente da ogni paese a pregare, cantare e gioire insieme senza più confini. Se n’è andato come ha vissuto, schivo, umile ma grande nella sua fede vissuta fino in fondo con uno slancio che continuerà ad avvolgerci.»

Chiesa cattolica svizzera

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