Un cambiamento d’epoca che non scalfisce la bellezza del matrimonio cristiano

Inizia ringraziando i molti presenti, il card. Angelo Scola, per aver accettato di passare qualche ora riflettendo sulla famiglia. «Questo è il primo dato positivo – afferma – perché in questo cambiamento d’epoca, che genera smarrimento, per crescere è necessario riflettere sul proprio cammino. Ma questo lavoro richiede del tempo e oggi, soprattutto per le famiglie, ritagliarsi questo spazio nel vortice degli impegni è sempre più difficile». L’arcivescovo emerito di Milano era al collegio Pio XII di Lucino, sabato scorso 27 aprile, invitato dalla Pastorale della famiglia della Diocesi di Lugano per rispondere alla domanda: «Dove sta andando la famiglia? Luci, ombre e sfide».

«È commovente – ci confida il porporato – vedere coppie di sposi che festeggiano 50, 60 o mi è capitato di vedere anche 70 anni di matrimonio. Fragili nella loro vecchiaia ma con un sorriso luminoso sul volto. Coscienti che alla loro vita non erano stati risparmiati problemi, fatiche, dolori, magari anche sbandamenti ma che alla fine il matrimonio era come i due argini che tenevano dentro il torrente impetuoso dell’esistenza». Al cardinale non piace parlare di crisi ma è indubbio che la famiglia sta passando un momento di grande travaglio. I fenomeni sociali in atto, con ritmo vertiginoso, stanno creando profonde fratture. «Mi pare che uno dei fattori più determinanti di questo disagio sia il modo in cui viene pensata e praticata la relazione di coppia, il rapporto uomo-donna. Molto è cambiato in quest’ambito negli ultimi decenni. Persino la «differenza sessuale», che è una dimensione intrinseca all’io, è stata messa in discussione».

Da sempre la Chiesa ha proposto la «convenienza» e la bellezza del matrimonio cristiano. Come aiutare allora le famiglie di oggi? «Dovremmo essere tutti invitati e provocati a riconoscere un fatto: la famiglia è «un universale sociale e culturale presente in ogni e qualunque tipo di società» come afferma un autorevolissimo antropologo, certamente non sospetto di cattolicesimo, come Claude Lévi-Strauss. Come in modo insuperabile ci ha ricordato la Redemptor hominis, il cristianesimo è il giocarsi di Dio con la nostra storia per svelare pienamente l’uomo all’uomo. In una società plurale come la nostra, i cristiani sono chiamati a documentare questa convenienza con la loro testimonianza . Ciò implica, tra l’altro, una capacità di abbracciare tutte le famiglie ferite per condividere la loro prova».

L’uomo del terzo millennio è pervaso e travolto dal moltiplicarsi di fenomeni inediti come la globalizzazione, la civiltà della Rete, il progresso delle neuroscienze e delle biotecnologie, l’intelligenza artificiale, i flussi migratori… Quale è la questione decisiva? «La disgregazione dei costumi e lo smarrimento antropologico in atto non sopprimono «la domanda delle domande: chi sono io?». E’ necessario ritornare a riflettere sulla relazione padre/madre-figlio che è alla base di ogni relazione d’amore. La famiglia deve essere il luogo dove si imparano relazioni stabili e rassicuranti che garantiscono la percezione di essere amati in modo incondizionato e duraturo, dove si acquisisce a fare il bene ed evitare il male. Si sperimenta un’autentica felicità quando si fa esperienza che qualcuno «fuori da me, altro da me» ha cura della mia persona, è appassionato al mio destino. Gesù è la Presenza amante – perché ci ha amati per primo – che sempre più abbiamo bisogno nella vita, infatti solo Lui risponde alle esigenze più profonde del nostro cuore. Quindi dobbiamo chiederci: Gesù è la mia salvezza?».

Federico Anzini

Chiesa cattolica svizzera

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