Genitori non siete soli: un libro vi spiega come «educare i figli alla fede»

Trasmettere la fede cristiana ai figli potrebbe sembrare una delle sfide più difficili dei genitori di sempre: quante volte capita di vedere bambini in chiesa annoiati, distratti e che non vedono l’ora di uscire? Una sfida che riguarda ogni genitore, ma che è anche parte della Chiesa stessa: proprio per questo Robert Cheaib, teologo e padre di tre figli, già autore di diversi testi sul vivere la fede, ha recentemente pubblicato l’ultimo suo libro dal titolo «Educare i figli alla fede» (edizioni San Paolo, 208 pp.). Un testo, ci confida l’autore, nato «dalla mia esigenza di impratichirmi sulla tematica. Spesse volte sono stato chiamato a parlare del tema educativo e così facendo mi sono reso conto che stavo incappando in un errore molto frequente, ovvero quello di rimandare l’approfondimento dell’educazione alla fede al momento in cui sorgeranno le loro domande e le loro crisi».

Ma perché affrontare un tematica tanto importante fin dalla prima infanzia?

«Negli anni ho capito che le persone che non hanno una sensibilità religiosa sviluppata faticano a percepire il luogo e lo spazio di questa realtà: se io non faccio mai sentire musica, o non li avvicino al mondo dell’arte, i miei figli guarderanno un’opera che sia artistica o musicale come qualcosa lontanissimo da loro. La fede è una delle tante sensibilità alle quali dobbiamo avvicinare i nostri figli ed è necessario farlo fin da piccoli».

In che modo è possibile farlo?

«Questa è la domanda fondamentale che mi sono posto nel libro e che ho cercato di affrontare attraverso i cinque pilastri dell’educazione alla fede che vogliono essere molto semplici ed intuitivi, ovvero: l’educazione preventiva che si basa sull’idea che bisogna iniziare presto, instradando i bambini a piccole pratiche quotidiane (come il segno di croce o un saluto a Gesù quando si passa davanti a una chiesa la mattina). Il secondo pilastro sta nell’educazione feriale: non si può educare alla fede se non si vive in un contesto familiare coerente. L’amore nella coppia è per i figli immagine dell’amore di Dio: «i genitori sono il primo libro che i figli leggono», diceva Sant’Agostino. Il terzo passo richiama il metodo narrativo della tradizione di Israele: l’educazione narrativa è stupenda perché i bimbi amano i racconti della Bibbia. Viene poi l’educazione responsabile, ovvero una educazione fatta da persone responsabili di quello che dicono: tanti cristiani non approfondiscono il loro credo, nella convinzione che la fede riguardi solamente i catechisti, le suore e i preti; in questo modo però si perde di credibilità con i figli, nel momento in cui non si sa rispondere ai loro interrogativi. Infine, l’educazione responsabilizzante ovvero ciò che rende i nostri figli protagonisti delle loro scelte e non personaggi passivi. Spesso però le famiglie si sentono sole nella formazione; il percorso del catechismo c’è, ma è pensato solamente per i passi importanti dei sacramenti e non per la quotidianità».

E come si può dunque superare questo limite?

«Spesso la sera con i miei figli parlo della mia fede, cercando di trasmettere loro la mia passione, consapevole che sto donando loro la cosa che a me ha dato la gioia e la libertà più grande. Quello che consiglio di fare a tutti è di riunirsi con altre famiglie per condividere un momento di preghiera insieme. Inoltre, la realtà parrocchiale è davvero fondamentale per far capire ai bambini che la Chiesa è qualcosa di grande e che va ben oltre la famiglia. Insomma, non sono gli alti e dogmatici contenuti che i bambini attendono, il loro desiderio è piuttosto quello di assaporare la passione che mettiamo noi e che può diventare l’elemento più convincente e contagioso».

Quindi educare alla fede significa trasmettere un valore altro…

«Insegnando loro la nostra fede è come se trasmettessimo gli elementi necessari per comprendere liberamente la realtà e intraprendere in futuro le loro scelte, senza in questo modo condizionarle, ma offrendo gli strumenti per realizzarle».

«Trasmettendo i miei valori e la mia fede ai miei figli, quali doni buoni, non li privo della possibilità di scelta, ma do loro la grammatica necessaria per declinare e declinarsi con altre possibilità valoriali» (pag. 33).

Pensi mai al fatto che un giorno i tuoi figli potranno opporsi al tuo credo?

«Ci penso sempre. Alla fine del libro ho scritto una lettera molto sentita ai genitori dei «figli prodighi» che termina riconoscendo che Dio è padre di tutti, dei figli vicini ma anche di quelli lontani alla fede. Quello che noi genitori dobbiamo trasmettere è dunque l’amore incondizionato e una scandalosa gioia proveniente dalla nostra fede. I nostri figli non devono essere trascinati in chiesa controvoglia, ma devono essere trasportati dall’attrattiva di una bellezza non paragonabile».

Silvia Guggiari

Chiesa cattolica svizzera

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