Il vescovo Lazzeri alla via Crucis per le vie di Lugano: «Scopriamoci ospitati dalla sua croce»

Venerdì Santo: inginocchiarsi davanti alla Croce, adorando e ringraziando Colui, che, morendo, porta in dono e per sempre la vita. Dopo aver presieduto nel pomeriggio l’intensa Liturgia della Passione in Cattedrale a Lugano, il Vescovo Lazzeri, mentre le prime ombre della sera scendevano sulla città, ha guidato la Via Crucis, proposta, preparata e coordinata da Comunione e Liberazione.

Un cammino intenso e prezioso, per i testi presentati (di Anton Čechov, François Mauriac, Luigi Santucci, Mario Luzzi, Olivier Clement), per la lettura di brani di Vangelo riferiti alla Passione e passaggi di Encicliche papali. Una ricchezza interiore trasmessa anche dai canti eseguiti dal bravissimo coro di CL, ben diretto da Enrico Rezzonico, che a tratti ha pure coinvolto la folla dei partecipanti.

Il cammino da San Nicolao, alla Cattedrale e poi fino a Santa Maria degli Angioli
Nella chiesa di San Nicolao a Besso Mons. Lazzeri ha aperto questa «via», sottolineando che «parole e gesti ci accompagneranno in questa sera del venerdì santo, ma soprattutto silenzio per cercare di mandare in frantumi la crosta del nostro cuore e lasciare fluire in esso il fiume di grazia scaturito dalla croce di Cristo». Nel contempo ha sottolineato il significato di questo cammino:

«Non siamo qui per adattare a noi quello che è accaduto una volta. Piuttosto è il contrario che deve capitare: scoprirci ospitati, accolti, guariti e trasformati dall’avvenimento di cui facciamo memoria. È da esso che prende linfa e forza ogni nostro respiro e ogni battito del nostro cuore».

Il vescovo di Lugano ha invitato ad ascoltare «con tutto noi stessi», mettendo «a freno la nostra smania di afferrare e capire». Infatti «Lo potremo conoscere e amare di più, solo quando scopriremo maggiormente di essere da sempre e in modo inconfondibile da Lui amati e conosciuti».
Sul sagrato della cattedrale la prima sosta, ricordando quel giardino, che era «lo spazio prediletto, abituale, dell’incontro tra Gesù e i suoi discepoli». Mons. Lazzeri ha sottolineato l’atteggiamento del Maestro, precisando che la prontezza del suo «presentarsi a chi lo vuole portare via è così inattesa che fa indietreggiare tutti, fa cadere tutti». Ha quindi pregato: «insegnaci la tua nobiltà, donaci la tua forza divina, nell’ora in cui siamo tirati in causa e siamo chiamati a rispondere».

Nella seconda sosta, in piazza Dante, richiamando l’incontro con Pilato, Mons. Lazzeri ha parlato di «una scena penosa», dove «tutti cercano di giocare d’astuzia per ottenere i propri obiettivi». Per i Giudei «l’eliminazione fisica di Gesù»; per Pilato «l’uscita più facile da una situazione imbarazzante che potrebbe rovinargli la carriera». Ma «su questo sfondo, brilla come un diamante prezioso la missione di Gesù nel mondo: farci vedere come sia possibile regnare, senza bisogno di farsi forti di un’autorità sacrale o basata sulle armi». Chiara la conseguente preghiera: «Rendici con te testimoni limpidi e lieti della fedeltà incrollabile di Colui che ci ha chiamati alla vita».
«Dopo aver percorso le strade della città, meditando, pregando e cantando», i molti partecipanti hanno vissuto l’ultima sosta in Santa Maria degli Angioli, dove il Vescovo ha sottolineato che «quello che accade dopo la morte di Gesù ci stupisce e ci apre alla speranza». Un messaggio riferito a due persone ricordate nel Vangelo: «Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei» e «Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui nella notte». A differenza degli «amici più stretti di Gesù», trovano «il coraggio e la forza» di salire al Calvario «per dare degna sepoltura al Maestro». Così «questi due poveri quasi fedeli» ci insegnano che «la fecondità sorprendente della Pasqua è anche questa: rimettere in moto i propositi dormienti, ravvivare la fiamma dei nostri abbozzi di sequela, neutralizzati da troppe timidezze e precauzioni». Limpida e commossa la conseguente preghiera:

«avvolgici con il silenzio del tuo corpo morto, deposto dalla croce, facci sentire concretamente l’ineffabile gravità delle tue membra, abbandonate nel sonno della morte. Sveglia in noi il gusto di compiere, nei tuoi confronti, i gesti della tenerezza più insensata e quindi più amorosa».

Lo Stabat Mater conclusivo
Infine il bacio alla croce, quale gesto sublime di riconoscenza e di amore, mentre lo Stabat Mater nella chiesa dedicata a Maria era il canto alla Madre ai piedi della croce.
Ora è il silenzio, il tuo silenzio ci ascolta. La vita è nella terra, il seme sta germogliando, la notte prepara la luce per l’alba di vento, di speranza e di vita.

(g.b.)

Chiesa cattolica svizzera

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