Se brucia Notre Dame brucia una parte di noi

Vedere in diretta Notre Dame in fiamme, l’altra sera, non sembrava vero. Uno spettacolo terrificante. In questi momenti ci sentiamo fragili perché i nostri simboli, la nostra identità, le nostre certezze vengono improvvisamente lacerate, ma al contempo si manifesta un meccanismo forse paradossale: non è che forse Notre Dame è più «nostra» ora che l’abbiamo vista incendiata, minacciata, sfregiata? Prima era una magnifica cattedrale famosa meta turistica, certamente ricca di storia e cultura, ma ora è come se l’incendio l’avesse resa ancor di più una parte di noi. Vedere la «flèche» precipitare sul tetto in fiamme è stato come veder crollare una parte di ciò che ci costituisce, come un’epifania di ciò che siamo ed era lì incastonato in quei secolari «legni sacri»…

Tutto ciò è «cultura». La cultura è il nostro modo di essere al mondo attraverso le espressioni artistiche, la poesia, la parola, la musica, l’architettura, la religione,… Quando una parte di cultura è minacciata o ci viene strappata ecco la spinta innata a difenderla, a proteggerla, a custodirla. La pioggia di milioni di euro per i restauri arrivata da grandi multinazionali sarebbe arrivata prima dell’incendio, se si fosse detto semplicemente: «dobbiamo restaurare la cattedrale»? Spesso è proprio quando perdiamo qualcosa (o qualcuno), quando ci sentiamo orfani, quando restiamo spiazzati, che tocchiamo l’anima dell’esistenza umana, che è un attaccarsi alla bellezza e riconoscerla come nocciolo vitale.

Certo – come provocatoriamente affermato da qualcuno – il rischio è che ci commuoviamo per Notre Dame in fiamme e non ci lasciamo toccare da altri drammi, come il quotidiano conteggio dei migranti morti in mare. In realtà non dev’esserci distinzione: in Siria il sedicente Stato Islamico distruggeva Palmira e allo stesso tempo uccideva; sotto le bombe delle guerre crollano le chiese, le moschee, i templi… e le rovine dei monumenti di mischiano con le macerie delle case e il sangue degli innocenti. Ciò che conta allora è che tutto è ugualmente sacro e inviolabile, espressione di vita e di cultura: ce lo insegna Parigi che non si è arresa dopo gli efferati attentati subiti e che ora con le navate ancora fumanti sa già che Notre Dame sarà ricostruita. Come da noi è stata recuperata la splendida Madonna delle Grazie a Bellinzona, come dalle macerie della valanga di Mogno è sbocciata la perla di Mario Botta.

Quando ricostruiamo una cattedrale bruciata, una città bombardata, un ponte distrutto da un’alluvione, una casa da un terremoto… siamo capaci di bellezza, è una Pasqua che sfolgora su croci e macerie. Facciamo cultura, un gesto di grande fede, speranza, responsabilità e amore per l’umanità e per Dio.

Chiesa cattolica svizzera

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