Uccisa per aver difeso i diritti umani

A fine marzo è stata trovata morta, assieme a suo marito e a un loro amico. Sui loro corpi i segni delle torture inflitte, prima di essere uccisi. Dilma Ferreira Silva forse lo sapeva che prima o poi sarebbe potuto accaderle qualcosa, ma non si è mai arresa.

Da oltre trent’anni questa coraggiosa donna si è battuta con tutte le sue forze per difendere i diritti delle comunità che vivono sulle rive del fiume Tocantins, nello stato del Parà, nel bacino amazzonico del Brasile. Qui sorge Tucuruí, un’enorme diga a gravità in cemento, attualmente una delle più grandi al mondo, destinata alla produzione di elettricità. Per costruirla a metà degli anni ›70, più di 30’000 persone furono allontanate dalle loro abitazioni, mentre le ripercussioni negative sulle basi di sussistenza degli abitanti della regione e sull’ambiente circostante continuano a manifestarsi.

Forse non è un caso che sia stata scelta propria la Giornata internazionale dell’acqua per compiere questo gesto efferato. Per Dilma e per le persone che lei sosteneva, l’acqua rappresentava la vita. Una lettera aperta, sottoscritta da un centinaio di organizzazioni non governative fra cui anche Sacrificio Quaresimale, è stata inviata lunedì 8 aprile 2019 al governo brasiliano. In essa si chiede che la morte di queste tre persone sia oggetto di indagini approfondite e che i responsabili degli omicidi siano consegnati alla giustizia.

Dilma ha perso la vita per le sue convinzioni e per difendere i diritti e l’esistenza stessa di molte persone, ma la sua opera continuerà, ne sono certa. Nel mondo, ce lo ricorda la Campagna ecumenica 2019 di Sacrificio Quaresimale e Pane per tutti, e in particolare la raccolta di 50 ritratti di donne sono tante le persone, donne in particolare, che si adoperano per cambiare le cose in meglio. Diverse di loro, come Dilma, a rischio della propria vita. Ma non demordono.

Chiesa cattolica svizzera

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