Il ricordo di Wojtyla nelle parole che rivolse ai giovani marocchini

A pochi giorni dall’importante visita in Marocco di papa Bergoglio, ricordiamo oggi un altro Papa che nell’agosto del 1985 si recò per la prima volta nel Paese nord africano, oltre che in Togo, Costa d’Avorio, Camerun, Repubblica Centro-Africana, Zaire e Kenya. Giovanni Paolo II, da sempre noto come il Papa dei numerosi e significativi viaggi apostolici, si recò per primo nel Paese musulmano e ai giovani rivolse un lungo e intenso discorso ancora di grandissima attualità. Le riprendiamo oggi, 2 aprile, nel quattordicesimo anniversario del giorno della sua morte.

«Incontro spesso dei giovani, in generale cattolici. È la prima volta – diceva Wojtyla – che mi trovo con dei giovani musulmani. Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. Noi crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione».

Sono parole estremamente concrete quelle pronunciate dal Papa polacco ai giovani radunati a Casablanca: «è come credente che oggi vengo a voi. In un mondo che desidera l’unità e la pace e che conosce tuttavia mille tensioni e conflitti, i credenti non dovrebbero favorire l’amicizia e l’unione tra gli uomini ed i popoli che formano sulla terra una sola comunità?». «Il dialogo tra cristiani e musulmani oggi è più necessario che mai. I giovani possono costruire un avvenire migliore se pongono anzitutto la loro fede in Dio e se si impegnano ad edificare questo nuovo mondo secondo il piano di Dio, con sapienza e fiducia. Dio è fonte di ogni gioia. Per questo dobbiamo testimoniare il nostro culto verso Dio, la nostra adorazione, la nostra preghiera di lode e di supplica. L’uomo non può vivere senza pregare, come non può vivere senza respirare».

«Dobbiamo quindi – continua Wojtyla nel suo lungo discorso – rispettare, amare ed aiutare ogni essere umano perché è una creatura di Dio e, in un certo senso, sua immagine e suo rappresentante, perché è la strada che conduce a Dio, e perché si realizza pienamente solo se conosce Dio, se l’accetta con tutto il suo cuore e se gli obbedisce fin sulle vie della perfezione. Perciò, questa obbedienza a Dio e questo amore per l’uomo devono condurci a rispettare i diritti dell’uomo, questi diritti che sono l’espressione della volontà di Dio e l’esigenza della natura umana come Dio l’ha creata. Il rispetto e il dialogo richiedono dunque la reciprocità in tutti i campi, soprattutto in ciò che concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli. Aiutano a risolvere insieme i problemi degli uomini e delle donne di oggi, in particolare quella dei giovani».
Trentaquattro anni fa come oggi, i Pontefici parlano di libertà religiosa, di dialogo, di rispetto. E rivolgendosi direttamente ai giovani dice «Voi siete responsabili del mondo di domani. Assumendo pienamente le vostre responsabilità, con coraggio, voi potrete vincere le attuali difficoltà. Spetta a voi dunque prendere iniziative e non aspettare tutto dagli adulti e dalla gente del posto. Dovete costruire il mondo, e non solo sognarlo. È lavorando insieme che si può essere efficaci. […] Non tralasciate, cari giovani, di collaborare con gli adulti, specialmente con i vostri genitori e i vostri insegnanti, come pure con i «capi» della società e dello Stato. I giovani non devono isolarsi dagli altri. I giovani hanno bisogno degli adulti, come gli adulti hanno bisogno dei giovani. […] È a queste condizioni che potrà nascere un mondo più umano, più giusto e più fraterno, dove ciascuno potrà trovare il suo posto nella dignità e nella libertà. È questo mondo del XXI secolo che è tra le vostre mani; esso sarà come voi lo farete. Questo mondo futuro dipende dai giovani di tutti i paesi del mondo. Il nostro mondo è diviso, e anche frantumato; conosce molteplici conflitti e gravi ingiustizie. Non c’è una vera solidarietà nord-sud; non c’è abbastanza aiuto reciproco tra le nazioni del sud. Nel mondo ci sono delle culture e delle razze che non vengono rispettate. Perché tutto questo? Perché gli uomini non accettano le loro differenze: non si conoscono abbastanza. Essi respingono coloro che non hanno la stessa civiltà. Rifiutano di aiutarsi vicendevolmente. Non sono capaci di liberarsi dall’egoismo e dell’autosufficienza». Parole che sembrano parlare del tempo in cui viviamo…
«Dio ha creato tutti gli uomini uguali in dignità, ma differenti in quanto ai doni ad ai talenti. L’umanità è un tutto in cui ogni gruppo ha il suo ruolo da svolgere; bisogna riconoscere i valori dei diversi popoli e delle diverse culture. Il mondo è come un organismo vivente; ciascuno ha qualche cosa da ricevere dagli altri e qualche cosa da dare loro».

«Sono sicuro che voi, giovani – conclude Giovanni Paolo II – , siete capaci di fare questo dialogo. Voi non volete essere condizionati da pregiudizi. Voi siete pronti a costruire una civiltà fondata sull’amore. Voi potete lavorare per far cadere le barriere dovute, a volte, all’orgoglio, più spesso alla debolezza e alla paura degli uomini. Voi volete amare gli altri senza alcuna frontiera di nazione, di razza o di religione. Per questo, voi volete la giustizia e la pace. Voi non volete né la guerra né la violenza. Voi conoscete il prezzo che esse fanno pagare agli innocenti. Voi non volete nemmeno la scalata agli armamenti. Questo non vuol dire che volete la pace a qualunque prezzo. La pace va di pari passo con la giustizia. Voi non volete l’oppressione per nessuno. Voi volete la pace nella giustizia».

Leggi qui l’intero discorso di papa Giovanni Paolo II.

Chiesa cattolica svizzera

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