L'appello del Papa per il Nicaragua. Lunedì 25 la visita di Bergoglio a Loreto

Nel 2018 «numerosi vescovi, sacerdoti, suore e fedeli laici hanno subito violenze; mentre sono stati uccisi quaranta missionari, quasi il doppio rispetto all’anno precedente». Fare memoria di «questo calvario è un dovere di gratitudine». Papa Francesco lo ha affermato questa mattina, 24 marzo, all’Angelus in piazza San Pietro. Il Pontefice ha espresso inoltre sostegno ai colloqui in corso in Nicaragua, paese segnato da una drammatica crisi sociale, politica ed economica, auspicando che si possa trovare presto una soluzione pacifica.

Il Vescovo di Roma, dalla finestra dello studio nel Palazzo apostolico, ha ricordato che il Vangelo del giorno «parla della misericordia di Dio e della nostra conversione. Gesù racconta la parabola del fico sterile. Un uomo ha piantato un fico nella propria vigna, e con tanta fiducia ogni estate va a cercare i suoi frutti ma non ne trova, perché quell’albero è sterile». Dopo questa «delusione ripetutasi per ben tre anni, pensa di tagliare il fico, per piantarne un altro». Chiama allora «il contadino che sta nella vigna e gli esprime la sua insoddisfazione, intimandogli di tagliare l’albero, così che non sfrutti inutilmente il terreno. Ma il vignaiolo chiede al padrone di avere pazienza e gli domanda una proroga di un anno, durante il quale egli stesso si preoccuperà di riservare una cura più attenta e delicata al fico, per stimolare la sua produttività».

Si domanda Francesco: «Che cosa rappresenta questa parabola? Cosa rappresentano i personaggi di questa parabola?». Ecco la spiegazione: «Il padrone raffigura Dio Padre e il vignaiolo è immagine di Gesù, mentre il fico è simbolo dell’umanità indifferente e arida». Il Figlio del Signore «intercede presso il Padre in favore dell’umanità – e lo fa sempre – e lo prega di attendere e di concederle ancora del tempo, perché in essa possano germogliare i frutti dell’amore e della giustizia». Il fico rappresenta «una esistenza sterile, incapace di donare, incapace di fare il bene. È simbolo di colui che vive per sé stesso, sazio e tranquillo, adagiato nelle proprie comodità, incapace di volgere lo sguardo e il cuore a quanti sono accanto a lui e si trovano in condizione di sofferenza, di povertà, di disagio».

A questo comportamento causa di «egoismo e di sterilità spirituale, si contrappone il grande amore del vignaiolo nei confronti del fico: fa aspettare il padrone, ha pazienza, sa aspettare, gli dedica il suo tempo e il suo lavoro».

Ecco: questa similitudine «del vignaiolo manifesta la misericordia di Dio, che lascia a noi un tempo per la conversione. Tutti noi abbiamo bisogno di convertirci, di fare un passo avanti, e la pazienza di Dio, la misericordia, ci accompagna in questo».

Nonostante «la sterilità, che a volte segna la nostra esistenza – ha osservato il Papa -, Dio ha pazienza e ci offre la possibilità di cambiare e di fare progressi sulla strada del bene. Ma la dilazione implorata e concessa in attesa che l’albero finalmente fruttifichi, indica anche l’urgenza della conversione». Il vignaiolo «dice al padrone: «Lascialo ancora quest’anno». La possibilità della conversione non è illimitata; perciò è necessario coglierla subito; altrimenti essa sarebbe perduta per sempre».

Così, il Pontefice ha fornito alcune indicazioni e domande per un esame di coscienza: «Noi possiamo pensare in questa Quaresima: cosa devo fare io per avvicinarmi di più al Signore, per convertirmi, per «tagliare» quelle cose che non vanno? «No, no, io aspetterò la prossima Quaresima». Ma sarai vivo la prossima Quaresima? Pensiamo oggi, ognuno di noi: cosa devo fare davanti a questa misericordia di Dio che mi aspetta e che sempre perdona?». E avverte: «Noi possiamo fare grande affidamento sulla misericordia di Dio, ma senza abusarne. Non dobbiamo giustificare la pigrizia spirituale, ma accrescere il nostro impegno a corrispondere prontamente a questa misericordia con sincerità di cuore».

Nella Quaresima Dio «ci invita alla conversione. Ognuno di noi deve sentirsi interpellato da questa chiamata, correggendo qualcosa nella propria vita, nel proprio modo di pensare, di agire e di vivere le relazioni con il prossimo». Al tempo stesso, bisogna «imitare la pazienza di Dio che ha fiducia nella capacità di tutti di potersi «rialzare» e riprendere il cammino». Perché Dio è «Padre, e non spegne la debole fiamma, ma accompagna e cura chi è debole perché si rafforzi e porti il suo contributo di amore alla comunità».

Dopo la Preghiera mariana, Francesco ha sottolineato che «dal 27 febbraio sono in corso in Nicaragua importanti colloqui per risolvere la grave crisi socio-politica in cui versa il Paese. Accompagno con la preghiera l’iniziativa e incoraggio le parti a trovare al più presto una soluzione pacifica per il bene di tutti».

Il Papa ha quindi invitato a pregare «per le numerose vittime degli ultimi attentati disumani avvenuti in Nigeria e in Mali. Il Signore accolga queste vittime, guarisca i feriti, consoli i familiari e converta i cuori crudeli».

Al termine dell’Angelus, Bergoglio ha dato l’appuntamento a domani, lunedì 25 marzo, «Festa dell’Annunciazione del Signore»: andrà a Loreto, «nella Casa della Vergine. Ho scelto questo luogo per la firma dell’Esortazione Apostolica dedicata ai giovani. Chiedo la vostra preghiera, affinché il «sì» di Maria diventi il «sì» di tanti di noi».

Vatican Insider/redazione

Chiesa cattolica svizzera

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