La gioia dell'incontro con l'Incondizionato

Le foto e il racconto di Valentina Anzini del ritiro spirituale vissuto dai giovani con il vescovo Valerio il 16 e 17 marzo sul lago Maggiore.

Nella stupenda cornice del Lago Maggiore, si è tenuto, il 16 e 17 marzo, presso la Casa «Villa Immacolata» a Castelveccana, il ritiro spirituale per i giovani con il Vescovo Valerio che ha ripreso il ciclo di catechesi sugli incontri nel Vangelo di Giovanni, proponendo delle meditazioni sulla storia di tre persone che incontrano Gesù in maniera propria e particolare: la donna adultera (Gv 8), il cieco nato (Gv 9) e Lazzaro (Gv 11).


La prima meditazione, tenutasi sabato mattina, riguardava l’incontro della donna adultera con Gesù descritto nel capitolo 8 del Vangelo di Giovanni. Prima di incontrare la donna adultera Gesù enuncia la promessa dell’acqua viva e lo fa gridando. Il Vescovo ha così sottolineato come il grido di Gesù inaugura e conclude la sua esistenza umana ma anche come, quanto da Lui proclamato, susciti un dibattito tra la gente, dibattito che nasce anche nel nostro cuore quando veniamo a contatto con novità che sono diverse dal nostro contesto abituale e che quindi ci spingono a cercare di spiegarle classificandole fra quanto a noi già è conosciuto. Di conseguenza, nessuno mise le mani su di lui (Gv 7,44), questo perché «Gesù non si lascia prendere poiché è una presenza incondizionata e se cerchiamo di porre delle condizioni Egli diventa inafferrabile».
Segue il racconto dell’incontro con la donna adultera, del quale colpisce innanzitutto il gesto che compie Gesù: si chinò e si mise a scrivere con il dito per terra (Gv 8,6). Di fronte alle autorità del suo tempo, quindi gli scribi e i farisei che cercano di incastrarlo, Egli risponde con una posizione particolare: si avvicina alla terra e scrive. Gesù rimane in silenzio e tocca la terra, un gesto che, sottolinea Mons. Lazzeri, evoca il gesto creatore con cui Dio ha plasmato l’essere umano. Inoltre, Gesù sta scrivendo con il dito; particolare, questo, che ci rimanda immediatamente all’Antico Testamento, nel libro dell’Esodo, in cui si afferma che la legge è stata scritta con il dito di Dio. Il silenzio e il gesto di Gesù fanno emergere quindi l’immagine di una nuova creazione immersa nel silenzio. A rompere questo silenzio è la parola di Gesù, una parola che il Vescovo Valerio ha definito disarmante: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei (Gv 8,7). È una parola che ci rimanda al confronto con la nostra coscienza, a contatto con il nostro desiderio.


Nel pomeriggio ha avuto luogo la seconda catechesi che ci ha presentato l’incontro di Gesù con il cieco nato (Gv 9). Questo racconto, ha affermato il Vescovo Valerio, permette di osservare cosa succede in una vita umana che si è lasciata guardare da Gesù. Prima di addentrarsi nella meditazione del testo, il Vescovo ci ha ricordato che vi è una fiammella che si accende dentro di noi all’incontro con Gesù ma che questa deve superare delle prove. Così ci ha presentato l’immagine della vita cristiana come una gestazione, rievocando il passo di Gv 16,21: l’andare su questa terra è un venire alla luce e le difficoltà che incontriamo nella nostra vita non devono abbatterci perché sono le doglie di questa gestazione. La condizione del cieco nato è la nostra condizione, perché siamo già figli di Dio, come detto in 1Gv 3,2, ma quello che saremo non è ancora stato rivelato e perciò dobbiamo prendere coscienza di ciò e fare un cammino per fare nascere l’essere figli di Dio che già c’è in noi.


L’ultima catechesi proposta dal Vescovo ha avuto luogo domenica mattina ed era incentrata sul racconto della risurrezione di Lazzaro (Gv 11). Il racconto, ha ricordato il Vescovo Valerio, è carico di affettività in quanto Betania era il luogo in cui Gesù si recava per gustare, nell’amicizia con Lazzaro, Marta e Maria, la famigliarità, la bontà e la bellezza. L’amore di Gesù per Lazzaro è sottolineato diverse volte nel corso del racconto e assume quasi la forma di una provocazione perché l’amore sembra fallire di fronte alla malattia e conduce a interrogarsi su di esso: di cosa è capace questo amore?
Gesù risponde a questa notizia dichiarando che la malattia è per la gloria di Dio, il che ci mostra come lo sguardo di Gesù sulla malattia sia incondizionato e libero perché impregnato da quello del Padre. Questa espressione di Gesù non indica quindi indifferenza bensì ci insegna come, con questo sguardo, anche le vicende più opache possano diventare chiare e comprensibili.
Quanto segue nel racconto può sembrare paradossale: nonostante a Gesù sia stata comunicata la malattia del suo amico amato egli si ferma per due giorni prima di partire. Tuttavia, ha spiegato il Vescovo Valerio, questi due giorni di tempo non sono segnale di indifferenza bensì sono un momento in cui Gesù fa prevalere il suo essere Figlio di Dio. Lui sa che si trova in una posizione difficile e che, recandosi a Betania, potrebbe provocare l’avvio della sua Passione. Egli sa anche, però, che il suo essere amico comporta il mettere in gioco la sua vita, quasi anticipando, in questo modo, quello che farà nella Pasqua, donandosi per amore.
Gesù allora si mette in cammino e la prima persona a venirgli incontro è Marta che si presenta davanti a Gesù con una grande fede e un’apertura totale cosicché, ha ricordato il Vescovo, Gesù vuole sondare meglio fino a che punto arriva la sua fede: Tuo fratello risorgerà (Gv 11,23). Marta tuttavia proietta la risposta nel futuro non rendendosi immediatamente conto che nella relazione con Gesù già si sperimenta la risurrezione e la vita, la forza per cui non è compromessa la vita. Anche Maria in seguito incontra Gesù ma interessante è quanto avviene dopo: Gesù, vedendo la sofferenza che lo circonda si commuove profondamente, è turbato, scoppia in pianto. È il momento in cui si vede che, nonostante Gesù sia sempre teso verso il Padre, non perde la sua umanità. Questo, come ha ricordato il Vescovo Valerio, ci mostra una cosa molto importante: possiamo essere filiali anche quando vi è male e sofferenza. Il segreto, in questi casi, è farsi piccoli perché in questo modo si riesce a passare ovunque e a sopravvivere alla tempesta.
L’ultimo punto importante sottolineato da Mons. Lazzeri è stato il grido con cui Gesù chiama Lazzaro dal sepolcro. Il grido di Gesù raggiunge il cuore del sepolcro e Lazzaro è chiamato per nome.  Il grido di Gesù che chiama per nome Lazzaro dal sepolcro mostra fin dove Egli arrivi per darci la vita.


Prima di congedarci da un weekend di preghiera, riflessione, condivisione, comunione e amicizia, il Vescovo è intervenuto ancora una volta per concludere il ritiro. In questa occasione ha ricordato a noi giovani come le sole parole su Gesù non bastino ma vi sia il bisogno dell’incontro personale con Lui. Non possiamo permetterci di girare semplicemente attorno a Gesù come dei bagnanti che girano attorno alla piscina e fanno riflessioni sull’acqua. Questi non conosceranno mai l’acqua finché non faranno un tuffo in essa. Così è anche la conoscenza di Gesù che possiamo fare solo in un incontro corpo a corpo con Lui. Essere cristiani significa leggere Cristo che brilla nello sguardo del fratello, infatti, conclude il Vescovo Valerio, Gesù non ha scritto niente, non perché non sapeva scrivere, bensì perché siamo noi la lettera scritta da Lui.

Chiesa cattolica svizzera

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