Le conversioni in Svizzera, grande segno di libertà religiosa

«Studio sociologico del processo di conversione in Svizzera: dal cristianesimo all’Islam e dall’Islam al cristianesimo» è il titolo dello studio di Roberto Simona, specialista di minoranze cristiane nei paesi musulmani, (già responsabile dell’Antenna Romanda e Ticinese di Aiuto alla Chiesa che Soffre), recentemente da lui esposto durante la difesa della sua tesi di dottorato in scienze politiche presso l’Università di Losanna (UNIL). Una ricerca che, come si deduce dal titolo, tratta delle conversioni in Svizzera di cristiani che sono diventati musulmani e di musulmani che sono diventati cristiani. «Si tratta di uno studio crociato a livello sociologico – ci spiega l’autore -, riguardante persone che abitano in Svizzera: lo scopo è stato innanzitutto quello di scoprire chi sono queste persone, di capire cos’è il processo di conversione e di analizzare gli elementi che contraddistinguono i due processi, quello verso l’Islam e quello verso il cristianesimo».
Quale fotografia emerge da questa ricerca?
Uno degli elementi più importanti è che attualmente tutti i convertiti all’Islam sono svizzeri, mentre i convertiti al cristianesimo sono svizzeri provenienti da Paesi stranieri a maggioranza musulmana. Questo è un dettaglio molto importante da sottolineare perché indica che il processo di conversione in alcuni casi è potuto cominciare già all’estero e non necessariamente in Svizzera.
Quali sono le cause alla base di queste conversioni?
Mi sembra importante specificare che il mio studio si è basato su un campione di persone provenienti dalle tre aree linguistiche della Svizzera. Questi convertiti li ho trovati spesso per caso, a volte tramite altri contatti: ciò per indicare che si tratta di un campione e non della totalità dei convertiti. Spesso le conversioni nascono per caso, per un incontro, per un interesse casuale. Poi, accanto a questo fenomeno casuale si uniscono altre ragioni, momenti di crisi o di insoddisfazioni che portano i convertiti a intraprendere questo cammino fino ad arrivare a un passo ufficiale come il battesimo o alla pronuncia della Jihad. Il percorso, per quanto riguarda le due conversioni, è pressoché lo stesso, con le stesse sfide e gli stessi traguardi.
Come si è sviluppato il suo studio?
È una ricerca che si è sviluppata nel corso di 10 anni: un tempo lungo che mi ha permesso di rivedere diversi convertiti e di capire più a fondo le dinamiche, le cause, dietro a questo processo di conversione. Un elemento importante da sottolineare è che non necessariamente i convertiti rimangono nella religione da loro scelta per tutta la vita. È un concetto molto importante che indica che la conversione, come anche la religione nella vita di ognuno, non è un punto di arrivo definitivo ma è un processo in divenire.
Le Chiese e le comunità religiose come accolgono queste persone?
Mi sono focalizzato sui dati della Chiesa cattolica, della Chiesa evangelica e dei musulmani. In Svizzera il contesto è piuttosto complicato: nella regione romanda esiste un processo di accompagnamento per chi desidera battezzarsi, ma non esiste in Svizzera interna e in Ticino. Per la Chiesa cattolica in Svizzera in generale, come mi hanno confermato diversi sacerdoti, la conversione nei musulmani non è una priorità. Da parte delle Chiese evangeliche ho notato un interesse maggiore nei confronti dei praticanti e quindi c’è la volontà di proporre un accompagnamento verso il battesimo. Spesso, inoltre, accolgono le persone che hanno già iniziato un percorso nel Paese che poi hanno lasciato per diverse ragioni. Le moschee e le associazioni musulmane invece sono molto più discrete, spesso perché il contesto in generale non è ancora ideale per loro. Non c’è ancora infatti una perfetta integrazione in Svizzera: una forma di proselitismo non sarebbe dunque vista bene nel nostro Paese. Per diventare musulmano, tra l’altro, basta solamente pronunciare la Jihad recandosi autonomamente nella moschea o presso un’Associazione musulmana.
Qual è oggi il sentimento di queste persone?
La ricerca è stata una sfida molto difficile; i convertiti infatti non sono molto visibili e identificarli non è stato semplice. Ho impiegato molto tempo a trovarli prima e poi a guadagnare la loro fiducia: ho intervistato 32 persone ma ho incontrato più di cento convertiti. Quello che ancora è interessante sottolineare è che tra tutti questi convertiti non ho incontrato nessun fanatico o fondamentalista. Sono tutte persone che hanno fatto un percorso, contente di una scelta libera e di grande rispetto. Le cifre in Svizzera non sono ufficiali, ma si calcola che esistono circa 10mila convertiti all’Islam (non necessariamente cristiani precedentemente); mentre per quanto riguarda i convertiti al cristianesimo le cifre non esistono ma io ho calcolato circa un migliaio di musulmani convertiti al cristianesimo. Tutte persone, questi convertiti, che cercano di integrarsi nel contesto svizzero superando sfide non sempre facili da affrontare.

Uno studio di grande interesse che verrà pubblicato nei prossimi mesi. In esso, viene evidenziata la grande libertà religiosa alla base del nostro Paese e viene confermato come in Svizzera «la conversione sia nel cuore della libertà religiosa e di coscienza. I convertiti che ho incontrato – conclude l’autore – mi hanno stupito perché mi hanno trasmesso il forte desiderio di integrarsi e non di cambiare la realtà in cui vivono».

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/le-conversioni-in-svizzera-grande-segno-di-liberta-religiosa/