Una rete al servizio di migranti e senzatetto

«La sfida più difficile ma più edificante è imparare ad anteporre il bisogno della persona a quella che io credo sia la soluzione corretta.» Katia Colombo, volontaria dell’Oratorio di Chiasso che darà la sua testimonianza all’incontro di domani tra Caritas Ticino e Caritas Como, commenta così il suo operato con poveri, senzatetto e migranti. Già dal 2013 l’Oratorio ha avviato un lavoro a stretto contatto con la Caritas di Como dedicato in particolare ai poveri. Con l’ondata di arrivi di migranti del 2016, la collaborazione è continuata e si è intensificata. Il mercoledì a mezzogiorno è possibile mangiare alla mensa (dove operano circa 6 volontari), ma ci sono anche servizi di sostegno di diverso tipo: doposcuola, ascolto e dove necessario si interviene per i bisogni primari come vestiti o alimenti.

Ma come mai questi volontari da Chiasso hanno deciso di varcare il confine mettendosi in contatto con Caritas Como per soccorrere i migranti? Che cosa li ha spinti? «Perché non ci sono confini – risponde Katia Colombo – quando il bisogno dell’altro è una preoccupazione per la propria vita. Noi avevamo già iniziato a collaborare e abbiamo lasciato aperto la porta. Si trattava del desiderio di parlare tutti la stessa lingua e di fare rete».

Voi offrite una mensa dei poveri il mercoledì e cercate di assistere le persone dove possibile ascoltando i loro bisogni… «Si, una delle cose più belle che ho imparato facendo questo percorso è quella di aiutare le persone a fare la domanda giusta. Cioè guardare qual è realmente il bisogno. Certo va speso più tempo e va allenato l’ ascolto che offriamo perché significa un’attenzione più approfondita per capire quale bisogno reale si celi dietro una domanda generica». Un lavoro approfondito che richiede tempo ma con delle «sorprese» che ricompensano… «Certo. Per esempio l’esperienza con un senzatetto che veniva il mercoledì alla mensa dei poveri. Ha iniziato a fare piccoli lavori alla mensa e ad aiutarci. Dopo un po’ di tempo l’abbiamo aiutato a cercare un lavoro che fosse adatto a ciò che sapeva fare tramite la Caritas a Como. Ora lavora per una cooperativa e continua a collaborare con noi come volontario. Lui ha chiesto di poterlo fare. Noi abbiamo dato un tempo alla relazione, abbiamo costruito la fiducia reciproca per percorrere una strada insieme ».

Quando vi siete mossi che cosa ha lasciato dentro di voi e tra voi questo movimento verso l’altro? L’amore verso gli altri vi ha fatto percepire in modo diverso la vostra vita di fede? «Lascia una grande domanda: credere che dentro l’altro c’è la presenza di Dio non è scontato. A volte devo affidargli alcune situazioni dove non riesco a capire. Talvolta vedo la risposta ma la devo costruire nella fiducia. Devo fare un passo indietro e dirmi che ogni uomo ha delle potenzialità incredibili. A volte è come se dovessi porre la mia mano per proteggere una fiammella debole ».

Chiara Gerosa

Chiesa cattolica svizzera

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