Abusi nella Chiesa: un summit «per dare voce a chi non ha voce»

«Non bisogna mollare sulla protezione dell’innocenza dei nostri figli e dei giovani». «Vogliamo dare voce a chi non ha voce». «La Chiesa sia un luogo sicuro per tutti, soprattutto per i bambini». In una Sala Stampa vaticana piena come non la si vedeva dai tempi della rinuncia di Benedetto XVI, con giornalisti venuti da tutto il mondo – Usa in testa – per la presentazione del summit sugli abusi in programma dal 21 al 24 febbraio, l’arcivescovo Charles Scicluna e il cardinale Blaise Cupich – entrambi membri del comitato organizzatore dell’evento – chiariscono gli obiettivi di fondo di questo mini Sinodo voluto da Papa Francesco con i vescovi del mondo per discutere della piaga degli abusi sui minori che continua a deturpare il volto della Chiesa.

«Dobbiamo guardare in faccia senza paura questo mostro per sconfiggerlo», ha detto – con voce quasi commossa – Alessandro Gisotti, direttore ad interim della Sala Stampa vaticana. E per sconfiggerlo bisogna anzitutto rompere quel muro di silenzio che ha regnato per anni nei Sacri Palazzi e che ha portato all’occultamento di casi avvenuti due pontificati fa che ora stanno emergendo in tutta la loro drammaticità. «Un silenzio che non è più accettabile», afferma infatti monsignor Scicluna, ex pm vaticano sui casi di abusi (sua l’indagine sul fondatore dei Legionari Marcial Maciel), per due volte inviato del Papa in Cile per indagare sui disastri provocati dalla pedofilia del clero, attualmente segretario aggiunto alla Congregazione per la Dottrina della Fede. È stato lui il primo a parlare già anni fa di «omertà» nella Chiesa. Oggi ha ripetuto il concetto per definire quella reazione istintiva – insieme alla «negazione» – a seguito di uno shock nel venire a conoscenza di casi di abuso. Un «meccanismo primitivo» che però non funziona e non deve funzionare più: «Dobbiamo allontanarci da esso… dobbiamo allontanarci dal codice del silenzio, spezzare la complicità, perché solo la verità ci porterà ad una soluzione».

Ecco perché sarà «trasparenza» una delle tre parole chiave (le altre sono «responsabilità dei vescovi» e «accountability») che orienteranno discussioni e lavori del vertice, che sarà preceduto da un incontro dei membri del comitato organizzatore con alcune associazioni di vittime presenti a Roma. Ad annunciarlo è stato padre Federico Lombardi, il gesuita ex portavoce vaticano chiamato dal Papa a moderare gli incontri del summit. Alcune vittime, delle quali per riserbo non si conosce l’identità o la provenienza, saranno presenti al summit ed offriranno la loro testimonianza a conclusione delle tre giornate. Queste, ha spiegato sempre Lombardi, seguiranno uno schema piuttosto fisso: una preghiera iniziale, tre relazioni (due la mattina, e una il pomeriggio, nove in totale), alla quale seguiranno quindici minuti di domande e risposte al relatore, lavori in gruppi divisi per lingua e relazioni di sintesi sui medesimi.

In Aula nuova del Sinodo i 190 partecipanti, provenienti da tutto il mondo, saranno impegnati dalla mattina alle 9 al pomeriggio intorno alle 19.20. Poi dalla sera di sabato si trasferiranno nella Sala Regia del Palazzo Apostolico per una liturgia penitenziale celebrata dal Papa ma con l’omelia del vescovo africano Naame e la testimonianza di una vittima. La domenica si terrà invece la messa finale la cui omelia sarà pronunciata dal presidente dei vescovi australiani Marc Coleridge, visto che il Papa interverrà dopo con un discorso di circa quarantacinque minuti. Sarà questo il secondo intervento del Pontefice in tutto il summit: il primo è una breve introduzione – «di tipo metodologico, non un discorso impegnativo», ha chiarito Lombardi – che Francesco farà la mattina di giovedì dopo la preghiera iniziale, seguita dalla proiezione di un video con la testimonianza di alcune vittime.

Quanto ai relatori essi sono stati scelti in base a criteri geografici, il voler cioè dare voce a rappresentanti di tutti e cinque i continenti, sono cinque cardinali: il filippino Tagle, il colombiano Salazar Gomez, l’indiano Gracias, lo statunitense Cupich, il tedesco Marx, insieme a monsignor Scicluna. Ad essi si aggiungono anche tre donne: Linda Ghisoni, sottosegretario del Dicastero per laici, famiglia e vita che ha partecipato attivamente alla preparazione dei lavori; la religiosa nigeriana suor Veronica Openibo della Society of the Holy Child Jesus e, a sorpresa, la giornalista messicana Valentina Alazraki, decana dei vaticanisti e superstar della tv Televisa, con all’attivo 150 viaggi papali, che interverrà sul tema della comunicazione.

Il rapporto coi media ma anche con le istituzioni, il ruolo del vescovo, la sofferenza delle vittime, le strategie già messe in piedi dalle diocesi di ogni Paese e via dicendo saranno i temi sul tavolo. Non ci saranno focus specifici sulla questione degli abusi sulle suore, venuto a galla negli ultimi mesi e accennato dal Papa sul volo di ritorno ad Abu Dhabi, né su quello della omosessualità, che alcune testate conservatrici – principalmente statunitensi – hanno riproposto a più riprese durante il briefing quale prima causa degli abusi, considerando anche il caso che l’80% delle vittime siano adolescenti di sesso maschile. Ciò non significa che bisogna sottovalutare l’importanza di uno screening psicologico per i candidati al sacerdozio.

Ma, se già ci sono delle linee guida nella Chiesa sulla questione di abusi, cosa cambierà dopo il vertice di febbraio? Intanto, hanno risposto i relatori, che ogni vescovo possa tornare nella propria diocesi con una chiara coscienza del male provocato dagli abusi (considerando anche che ci sono presuli che affermano che tale problema non sussiste nella propria diocesi), e poi che ci siano strategie chiare e universale valide in ogni Paese e in ogni cultura.
Poi magari i casi continueranno a verificarsi, ha detto l’arcivescovo Scicluna: «Maggiori sono le aspettative, maggiore è la frustrazione. Non si possono risolvere tutti i problemi in tre giorni, sarebbe un’aspettativa irrazionale». In ogni caso «non bisogna mollare sulla protezione dell’innocenza dei nostri figli e dei giovani».

Durante la conferenza è stato poi lanciato il sito ufficiale dell’evento pbc2019.org, sul quale si potranno seguire in streaming i lavori, consultare documenti e profili dei partecipanti, e restare aggiornati anche sul «follow up», cioè come la Chiesa, alla luce dei lavori del summit, intende incanalare i propri sforzi nel futuro per proseguire questa lotta agli abusi ancora lungi dal definirsi conclusa.

Vatican insider/red

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/abusi-nella-chiesa-un-summit-per-dare-voce-a-chi-non-ha-voce/