Venezuela, una delegazione ricevuta in Vaticano

Una delegazione venezuelana è stata ricevuta lunedì 11 febbraio in Segreteria di Stato. Lo ha detto il Direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, rispondendo alle domande dei giornalisti.
Nell’incontro «è stata ribadita la vicinanza del Santo Padre e della Santa Sede al popolo venezuelano principalmente a quelli che soffrono». «Inoltre – ha affermato Gisotti – è stata sottolineata la profonda preoccupazione perché si trovi con urgenza una soluzione giusta e pacifica per poter superare la crisi, nel rispetto dei diritti umani e cercando il bene di tutti gli abitanti del Paese, evitando uno spargimento di sangue».

Sulla crisi è intervento anche Guzmán M. Carriquiry Lecour, Segretario-vicepresidente della Pontificia Commissione per l’America Latina (CAL). La questione fondamentale è evitare un bagno di sangue. Qualsiasi repressione violenta delle manifestazioni popolari o tentativi di intervento militare straniero sarebbero la peggiore delle ›soluzioni’ possibili». È quanto scrive, commentando la situazione attuale che sta vivendo il Venezuela.

Chiesa disposta a mediare, se ci sono le condizioni
«È ovvio – sottolinea il segretario-vicepresidente della CAL – che la Chiesa, in base alla missione che le è propria, è disposta a facilitare il dialogo o la negoziazione, inclusa una mediazione, se le condizioni la rendono ragionevole, realistica e aperta a risultati positivi». E «ancora di più» – continua – di fronte ad «una situazione di estrema polarizzazione, con il rischio imminente che esploda in violenze e repressioni incontrollate e con le terribili conseguenze di un bagno di sangue». Inoltre, Carriquiry ribadisce che questa disponibilità della Chiesa «resta sempre aperta», anche se si sollevano dubbi sulla credibilità della richiesta di mediazione da parte della Chiesa stessa.

Aprire canali umanitari per la popolazione
«Un’ipotesi che non può non tenersi presente» – spiega infatti il rappresentante della CAL – è che «la richiesta di una mediazione» arrivi da «un regime che si sente isolato dentro e fuori, con lo scopo di guadagnare tempo, ma che non è davvero mosso dal sincero proposito di aiutare il Paese ad uscire» dalla crisi. Per questo, come ha affermato il Papa, «è necessario il consenso di entrambe le parti». E tale consenso implica anche «l’apertura di canali umanitari per andare incontro alle necessità della popolazione e alleviare le sue sofferenze; l’indizione, in termini prossimi e realistici, di elezioni libere e trasparenti; il riconoscimento dell’Assemblea nazionale, controllata dall’opposizione; la liberazione di prigionieri politici e la fine di violenze e repressioni».

Serve la solidarietà di tutta l’America Latina
Carriquiry richiama, poi, alla «solidarietà che il popolo venezuelano merita da parte dei popoli fratelli dell’America Latina» ed auspica «un maggior dialogo» tra «il gruppo di Rio», ovvero i Paesi latinoamericani che hanno riconosciuto Guaidò come presidente, ed «il gruppo internazionale di contatto», riunitosi a Montevideo, convocato dall’Unione Europea, con la partecipazione dei governi di Uruguay, Messico, Costa Rica e Bolivia. Allo stesso tempo, il segretario-vicepresidente della CAL ricorda le parole del Card. Baltazar Porras, arcivescovo di Merida e amministratore apostolico di Caracas, il quale sottolinea l’unità di intenti tra episcopato venezuelano e Vaticano e richiama la responsabilità e l’obbligo, per vescovi e clero locale, di stare accanto alla popolazione.

Aprire strade di speranza, pace e ricostruzione
L’auspicio conclusivo di Carriquiry, quindi, è che la situazione attuale del Venezuela sfoci «in un processo di transizione» per «un governo di unità nazionale che abbia la credibilità ed il consenso popolare per aprire strade di speranza, pace e ricostruzione nel Paese», senza dimenticare «le difficoltà patite per molti decenni da vasti settori della popolazione che continuano a soffrire a causa dell’emarginazione e di condizioni di vita indegne».

(Vatican News)

Chiesa cattolica svizzera

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