Il Papa apre la Gmg. Qui per un sogno: amare come Gesù ci ha amato

Il ticinese Dennis Pellegrini ha salutato a nome di tutti i giovani europei Papa Francesco durante la cerimonia di apertura di questa 34esima GmG, che è incominciata con le parole forti di Papa Francesco rivolte ai 250 mial giovani presenti: quando torneremo a casa, manteniamo vivo «quel sogno che ci fa fratelli»: dovunque ci troveremo, «potremo sempre guardare in alto e dire ›Signore, insegnami ad amare come tu ci hai amato».  E cita il discorso d’addio di Gesù ai discepoli, riportato dall’evangelista Giovanni, e il suo comandamento nuovo: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli».

Il Papa cita il Sinodo: risvegliare la giovinezza della Chiesa

Non siamo qui, non siete qui «per creare una Chiesa parallela un po’ più ›divertente’ o ›cool’ in un evento per giovani, con un po’ di elementi decorativi», ricorda Papa Francesco all’inizio del suo discorso, dopo la lettura del Vangelo delle Nozze di Cana. E cita il documento finale del Sinodo dedicato ai giovani, quando i padri sinodali, al numero 60 scrivono: «Vogliamo ritrovare e risvegliare insieme a voi la continua novità e giovinezza della Chiesa aprendoci a una nuova Pentecoste». Ma questo è possibile solo se, spiega il Papa, «sappiamo camminare ascoltandoci e ascoltare completandoci a vicenda, se sappiamo testimoniare annunciando il Signore nel servizio ai nostri fratelli», un servizio concreto, non «di figurine».

La gioventù indigena e quella di discendenza africana

Lasciando il discorso preparato, sempre in spagnolo, il Pontefice ricorda chi ha »cominciato a camminare» per primo in questa Giornata: «i giovani della gioventù indigena, che sono stati i primi in America e i primi a camminare in questo incontro», nell’Incontro mondiale della gioventù indigena appena concluso a Soloy. E saluta «anche i giovani della gioventù di discendenza africana: anche loro hanno fatto il loro incontro e ci hanno anticipato».

Voi maestri della cultura dell’incontro

Arrivare qui per voi non è stato facile, prosegue Francesco, ma come veri discepoli «non avete avuto paura di rischiare e camminare». Veniamo da culture e popoli diversi, tante cose ci possono differenziare, ma nulla «ha impedito che potessimo incontrarci ed essere felici di stare insieme», perché sappiamo che «c’è Qualcuno che ci fa fratelli».

Voi, cari amici, avete fatto tanti sacrifici per potervi incontrare e così diventate veri maestri e artigiani della cultura dell’incontro. Con i vostri gesti e i vostri atteggiamenti, coi vostri sguardi, desideri e soprattutto la vostra sensibilità, voi smentite e screditate tutti quei discorsi che si concentrano e si impegnano nel creare divisione, nell’escludere ed espellere quelli che «non sono come noi».

Benedetto XVI: Il vero amore armonizza le differenze

Il Pontefice cita Benedetto XVI, e chiede un applauso per lui «che ci sta guardando in televisione»: «il vero amore» armonizza le differenze «in una superiore unità», e ricorda che il diavolo «padre della menzogna, preferisce un popolo diviso e litigioso, a un popolo che impara a lavorare insieme». Sottolinea quindi che «incontrarsi non significa mimetizzarsi, né pensare tutti la stessa cosa o vivere tutti uguali».

E questo è un criterio per distinguere le persone: i costruttori di ponti e i costruttori di muri. Questi costruttori di muri che seminando paura cercano di dividere e di impaurire le persone. E voi invece volete essere costruttori di ponti.

Il sogno comune chiamato Gesù

«Abbiamo tante differenze, parliamo lingue differenti. Tutti ci vestiamo in modo diverso – dice Papa Francesco ai giovani – ma per favore cerchiamo di avere un sogno in comune». Il sogno è quello «per il quale Gesù ha dato la vita sulla croce». Un sogno «chiamato Gesù, seminato dal Padre con la fiducia che crescerà e vivrà in ogni cuore». Un sogno «che scorre nelle nostre vene, fa trasalire il cuore e lo fa sussultare ogni volta che ascoltiamo» le parole di Gesù ai discepoli, nel suo «testamento»: «Amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri».

San Romero: il cristianesimo è una Persona, Cristo

E qui Papa Francesco ricorda quello che Sant’Oscar Romero amava dire: «Il cristianesimo non è un insieme di verità da credere, di leggi da osservare, o di proibizioni. Visto così non è per nulla attraente. Il cristianesimo è una Persona che mi ha amato tanto, che desidera e chiede il mio amore. Il cristianesimo è Cristo». E’, commenta il Papa «portare avanti il sogno per cui Lui ha dato la vita: amare con lo stesso amore con cui ci ha amato».

Ci tiene uniti l’amore di Cristo

Francesco inizia poi un dialogo con i giovani. «Che cosa ci tiene uniti? cosa ci spinge ad incontrarci?» chiede. E si dà la risposta: è «la certezza di sapere che siamo stati amati con un amore profondo che non vogliamo e non possiamo tacere e ci provoca a rispondere nello stesso modo: con amore. È l’amore di Cristo quello che ci spinge». Un amore «che non si impone e non schiaccia», che «non emargina e non mette a tacere», che «non umilia e non soggioga». È l’amore del Signore, «quotidiano, discreto e rispettoso», «di libertà e per la libertà», che «guarisce ed eleva».

È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato. È l’amore silenzioso della mano tesa nel servizio e nel donarsi. Non abbiate paura di amare, non abbiate paura di questo amore concreto, di questo amore che ha tenerezza, di questo amore che serve, di questo amore che dà la vita.

Maria ha saputo dare vita al sogno di Dio

«Credi in questo amore?» Chiede ancora il Pontefice ai giovani, e ricorda che è la domanda che l’angelo ha fatto a Maria. «Le domandò se voleva portare questo sogno nel suo grembo e renderlo vita, renderlo carne. Ella disse: ›Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola’».

Maria ha saputo dire «sì». Ha saputo dare vita al sogno di Dio. Ed è la stessa cosa che l’angelo vuole chiedere a te, a te, a me: vuoi che questo sogno abbia vita? Vuoi dargli carne con le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguardo, il tuo cuore? Vuoi che sia l’amore del Padre ad aprirti nuovi orizzonti e a portarti per sentieri mai immaginati e pensati, sognati o attesi, che rallegrino e facciano cantare e danzare il cuore?

Il sogno che ci fa fratelli: amare come il Signore ci ha amato

Cari giovani, e Papa Francesco si avvia alla conclusione, «questa Giornata non sarà fonte di speranza per un documento finale, un messaggio concordato o un programma da eseguire». A trasmettere speranza sono, dice rivolto ai giovani «i vostri volti» e «la preghiera». Ognuno tornerà a casa «con la nuova forza che si genera ogni volta che ci incontriamo con gli altri e con il Signore», per ricordare e mantenere vivo «quel sogno che ci fa fratelli e che siamo chiamati a non lasciar congelare nel cuore del mondo»

Dovunque ci troveremo, qualsiasi cosa staremo facendo, potremo sempre guardare in alto e dire: «Signore, insegnami ad amare come tu ci hai amato». Volete ripeterlo con me? «Signore, insegnami ad amare come tu ci hai amato».

Panama, un canale che fa crescere il sogno di Dio

Il Pontefice conclude con i ringraziamenti, a chi ha preparato «con grande entusiasmo questa Giornata Mondiale della Gioventù». Grazie «per aver detto ›sì’ al sogno di Dio di vedere i suoi figli riuniti. Grazie a Mons. Ulloa e a tutti i suoi collaboratori per aver aiutato a far sì che oggi Panamá sia non solo un canale che collega i mari, ma anche un canale in cui il sogno di Dio continua a trovare altri piccoli canali per crescere e moltiplicarsi e irradiarsi in tutti gli angoli della terra».

VaticanNews.

Chiesa cattolica svizzera

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