Ultimo e Primo dell'anno in Cattedrale con mons. Valerio Lazzeri

Eucaristia di fine anno in Cattedrale: con il Vescovo hanno concelebrato i suoi più stretti collaboratori, i canonici del capitolo di San Lorenzo, i presbiteri attivi nelle cinque parrocchie di Lugano, tutte invitate ad unirsi al «Te Deum» di gratitudine e di lode. Mons. Lazzeri ha accolto i molti fedeli con questo saluto: «siamo venuti a cercare con umiltà la rivelazione del Signore che ha visitato e riempito della sua luce il nostro tempo, come pure per affacciarci con speranza sul nuovo anno».
Ricollegandosi allo spirito dei pastori che quella notte «andarono senza indugio», ha sottolineato che «è questa semplicità di cuore che siamo venuti a cercare presso il Signore», in una sera, quella di fine anno, in cui «sono confusi i nostri stati d’animo, mentre un’altra volta ci è chiesto di voltare pagina, di cambiare calendario, di ricominciare da un altro primo gennaio un’altra catena di giorni». Nel contempo sentiamo che «tante cose non si sono realizzate come le abbiamo volute e sperate. Molte, per fortuna, hanno smentito i nostri timori e le nostre paure. Altre però ci hanno delusi, amareggiati, preoccupati». Al dimenticarle o al metterci una pietra sopra, Mons. Lazzeri, «in alternativa agli anestetici di ogni tipo», ha sottolineato, «la possibilità di riconoscere in Cristo, figlio di Dio e figlio di Maria, la grazia capace di lavare il cuore dalla tristezza, di rigenerarlo nella sua dignità originaria, di riaprirlo all’inesauribile creatività dell’amore». Ha così ricordato che «Dio ci offre la possibilità di lasciare alle nostre spalle e nelle sue mani, quello che della nostra vita, con le nostre forze, non potremo mai più recuperare, per volgerci avanti con l’umile fierezza di pastori». Ha quindi espresso dei chiari inviti: «non cerchiamo di tirare a ogni costo noi le somme di questo anno che si chiude»; «non lasciamoci scoraggiare dai bilanci quasi sempre insoddisfacenti»; «non spaventiamoci di ciò che non conosciamo ancora». Infatti il «segreto della speranza e della pace, la forza e il coraggio di resistere, di continuare ad amare, di non ritirare mai il dono di noi stessi, abita già il profondo del nostro cuore», perché «Dio ve l’ha inciso a lettere di fuoco una volta per tutte, nella pienezza del tempo». Con questa certezza: «il Signore è con noi e noi siamo i figli che nella forza dello Spirito possono chiamare Dio con il nome di Padre». Ne consegue il chiaro impegno di essere testimoni sinceri di questa verità, come lo furono i pastori in quella notte.
«Il nostro canto di ringraziamento salga come incenso profumato al Padre unitamente alla nostra lode e alla nostra preghiera», così Mons. Lazzeri ha introdotto, l’inno del Te Deum, colto quale sintesi preziosa del nostro pellegrinaggio lungo il tempo di un anno. Infine, prima della benedizione, ha congedato l’assemblea, invitando a «vivere nel nuovo anno il mistero della presenza del Signore e a rispondere con fedeltà al suo amore».

Il Vescovo è tornato in Cattedrale per presiedere l’Eucaristia il mattino del primo dell’anno. Ha aperto la celebrazione sottolineando «il significato del tempo quale spazio per scoprire la presenza del Signore, vivendo con la chiara percezione che Lui ci accompagna con la sua grazia e la sua bontà».
All’omelia, dopo aver ricordato che il primo giorno dell’anno la «Chiesa celebra la solennità della Divina Maternità di Maria Santissima, prima festa mariana celebrata dai cristiani d’occidente», ha sottolineato che Dio guarda personalmente a ciascuno di noi, come «ha guardato all’umiltà della sua serva». La sua presenza è una benedizione che «si realizza quando cominciamo a riconoscere e a lasciare agire lo sguardo di Colui che ci fa esistere da dentro, a partire dall’intimo del nostro essere». In questa prospettiva ci è d’esempio e guida la semplicità dei pastori. Ci insegnano che «possiamo sempre cominciare a vivere, nella libertà e per amore, sotto la grazia dell’ adozione a figli, orientati a un Bene già tutto presente, anche se ancora non pienamente accessibile ai nostri sensi». Significa vivere la realtà gratificante che siamo figli di Dio, che in Gesù e nella forza dello Spirito possiamo chiamare Dio con il nome affettuoso di «Abbà, Padre». Così, ha sottolineato il Vescovo, «in questo Capodanno 2019, 52.ma giornata mondiale della Pace», dobbiamo lasciarci guidare da Maria, «per andare verso gli altri con la benedizione del Signore, accolta da ciascuno nel profondo del cuore». E’ l’augurio più bello e più vero, perché tradotto nel dono della «Pace che esiste oggi, quella che riceviamo ogni momento dal Signore e che ci possiamo realmente e consapevolmente donare».
Prima della benedizione finale Mons. Lazzeri ha augurato che «ogni giorno del nuovo anno possa essere illuminato dallo splendore particolare che il Signore riserva a ciascuno di noi, accompagnandoci con la sua benedizione».

Gianni Ballabio

Chiesa cattolica svizzera

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