Proseguono i soccorsi in Indonesia. Si teme un nuovo possibile tsunami. La testimonianza della Caritas italiana

«Caritas si è subito mobilitata per la terza catastrofe che ha colpito l’Indonesia nel giro di pochi mesi». Nonostante l’allerta ancora in atto, attualmente «il punto è di assistere quanti sono sfollati», «recuperare le vittime»: «l’emergenza è soprattutto un’emergenza sanitaria». Così Massimo Pallottino, responsabile dell’ufficio Asia e Oceania di Caritas italiana, descrive la situazione attuale di intervento in Indonesia. Lo scorso 22 dicembre, il vulcano Anak Krakatoa ha rafforzato la sua attività, causando probabilmente una frana sottomarina che ha innescato uno tsunami. L’onda anomala ha provocato 430 morti, 1.500 feriti, 130 dispersi e oltre 16.000 sfollati. Le autorità di Giacarta, intanto, hanno innalzato l’allarme al livello di «standby», il secondo più alto nella scala di rischio, e la zona di sicurezza attorno al vulcano è stata estesa a un raggio di 5 chilometri. «Insieme con Caritas Indonesia», precisa Massimo Pallottino ai microfoni di Vatican News, «abbiamo distribuito diverse centinaia di kit di generi alimentari prima necessità, anche con l’aiuto di un ospedale di suore francescane non lontane dalla zona del disastro». Bisogna poi «assistere gli sfollati, circa 16.000, che non hanno ancora alcuna prospettiva di tornare nelle proprie case». (Ascolta l’intervista a Massimo Pallottino sulla situazione in Indonesia).

Le piogge rendono ancora più difficili i soccorsi
Sulla regione sono in atto piogge intense, che complicano gli interventi, mentre il servizio Meteorologico e Geosismico di Giakarta sta monitorando l’attività del «Figlio del Krakatoa», nel timore che la violenta fuoriuscita di gas possa sbriciolare in mare il cono vulcanico. I soccorritori stanno ancora cercando eventuali sopravvissuti, anche con l’ausilio di droni da ricognizione e cani. «La stagione delle piogge dura fino a marzo», precisa il responsabile dell’ufficio Asia e Oceania di Caritas italiana, «è chiaro che in qualche modo bisogna fare per assistere le persone». «Nel caso delle piogge, anche con coperture di emergenza», «il tutto considerando che diverse sono zone remote, non facilmente raggiungibili».

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