Oggi la Chiesa fa memoria del beato Charles de Foucauld

Charles-Eugène de Foucauld nacque il 15 settembre 1858, a Strasburgo. Visse una giovinezza scapestrata, «senza niente negare e senza niente credere», impegnandosi solo nella ricerca del proprio piacere. Intraprese la carriera militare, ma fu congedato con disonore «per indisciplina aggravata da cattiva condotta». Si dedicò allora a viaggiare, esplorando una zona sconosciuta del Marocco, impresa che gli meritò una medaglia d’oro dalla Società di Geografia di Parigi. Tornò in patria scosso dalla fede totalitaria di alcuni musulmani conosciuti in Africa. Si riavvicinò così al cristianesimo e si convertì radicalmente, accettando di accostarsi per la prima volta al sacramento della confessione. Deciso a «vivere solo per Dio», entrò dapprima tra i monaci trappisti, ma ne uscì dopo alcuni anni per recarsi in Terra Santa e abitarvi come Gesù, in povertà e nascondimento. Ordinato sacerdote, con l’intento di poter celebrare e adorare l’Eucaristia nella più sperduta zona del mondo, tornò in Africa, si stabilì vicino a un’oasi del profondo Sahara, indossando una semplice tunica bianca, sulla quale aveva cucito un cuore rosso di stoffa, sormontato da una croce. A cristiani, musulmani, ebrei e idolatri, che passavano per la sua oasi, si presentava come «fratello universale» e offriva a tutti ospitalità. In seguito si addentrò ancora di più nel deserto, raggiungendo il villaggio tuareg di Tamanrasset. Vi trascorse tredici anni occupandosi nella preghiera (a cui dedicava undici ore al giorno) e nel comporre un enorme dizionario di lingua francese-tuareg (usato ancor oggi), utile alla futura evangelizzazione. La sera del primo dicembre 1916, la sua abitazione – sempre aperta a ogni incontro – fu saccheggiata da predoni. Presso il suo cadavere fu ritrovata la lunula del suo ostensorio, quasi per un’ultima adorazione. È stato beatificato nella basilica di San Pietro a Roma il 13 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI. I suoi resti mortali sono venerati nel cimitero francese di El Golea in Algeria, vicino alla chiesa di San Giuseppe, retta dai Padri Bianchi.

Tra le sue eredità, anche una bellissima preghiera di abbandono nelle mani di Dio, che riportiamo:

Padre mio,
io mi abbandono a te,
fa di me ciò che ti piace.

Qualunque cosa tu faccia di me
Ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La tua volontà si compia in me,
in tutte le tue creature.
Non desidero altro, mio Dio.

Affido l’anima mia alle tue mani
Te la dono mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore
perché ti amo,
ed è un bisogno del mio amore
di donarmi
di pormi nelle tue mani senza riserve
con infinita fiducia
perché Tu sei mio Padre.

(red)

Chiesa cattolica svizzera

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