Card. Scola a Lugano: «Ho scommesso sulla libertà»

«Porre al centro il tema della libertà tocca il cuore di tutti, non lascia indifferente nessuno». Non c’è altra strada per Angelo Scola perché la vita cristiana possa mostrare la sua attrattiva. Nonostante la lucida analisi del «travaglio di questa epoca» è pieno di speranza lo sguardo del cardinale che si spinge a definire il papato di Bergoglio «un salutare colpo allo stomaco per le Chiese d’Europa». Con il suo sorprendente racconto autobiografico, sollecitato dalle domande del giornalista Luigi Geninazzi, l’arcivescovo emerito di Milano ci offre un ricco affresco di aneddoti e riflessioni sulla sua vita, sulla vita della Chiesa di ieri e di oggi.

Il libro è stato presentato mercoledì 28 novembre 2018 all’aula magna dell’Università della Svizzera Italiana. All’incontro, organizzato dall’Associazione Sostenitori della Facoltà di Teologia in collaborazione con il Centro Culturale della Svizzera Italiana, sono intervenuti l’autore Card. Angelo Scola e Luigi Geninazzi, giornalista e coautore del volume. La serata, che ha visto la partecipazione di un folto pubblico è stata moderata da Claudio Mésoniat, giornalista e presidente dell’Associazione Sostenitori della Facoltà di Teologia.

 

Il cambiamento d’epoca di Papa Francesco

Siamo nel tempo della post-secolarizzazione che ci ha portato ad un problematicismo radicale. Sembra impossibile poter parlare del senso della vita nel suo duplice significato di «senso» e «direzione», cioè del «perché vivere e quali strade scegliere per giungere al proprio compimento«. La rinascita sarà possibile – indica Scola – con «la riscoperta di Gesù come verità vivente e personale che ci viene incontro. Cioè la riscoperta del Volto amoroso del Padre che è venuto per accompagnarci nella realtà».

Di Bergoglio ne parla come di un papa inedito: «Il dato è un po’ sotto gli occhi di tutti. Grandi pensatori hanno spesso ripetuto: lo stile è l’uomo. È indubbio che lo stile di papa Francesco è molto personale e non dobbiamo neanche negare che è stato ed è molto sorprendente. Un modo in cui lo Spirito si è servito per risvegliarci. Il suo ministero, il modo di vivere la sua vocazione, che lui definisce molto bene quando parla di discepoli missionari, è fatto di gesti e segni molto concreti, e di una cultura di popolo che solo in Argentina e in altre regioni dell’America latina si è sviluppata». La parola popolo è spesso implicata in «un pregiudizio negativo», ma che «dobbiamo intendere bene. Francesco quando parla di popolo parla di pueblo fidel, cioè di una cultura in stretto contatto con la Parola. Basta pensare alle sue encicliche, alle omelie a S. Marta o alle catechesi del mercoledì. Noi dobbiamo imparare questo Papa«, afferma Scola, «accogliendo e accettando il suo stile fino in fondo, e penetrando in quegli aspetti che costituiscono un elemento di novità nell’esercizio del papato, rispetto ai papi precedenti, con i quali nella sostanza però è assai in continuità».

Le voci sul conclave

Inevitabile toccare il tema di quelle voci che a lungo lo hanno dato, ripresentate con insistenza anche dopo il conclave, come possibile pontefice. «Voi sapete che intorno all’ultimo conclave è circolata una clamorosa fake news, quella che ha fatto dire a tutti che io sono entrato Papa per uscire, secondo regola, cardinale. È assolutamente non vero perché mi era evidente, come ad altri cardinali nelle giornate precedenti il conclave, che la stanchezza profonda dell’Europa, che non ci deve scoraggiare, e la perdita del senso della presenza contemporanea di Gesù alla vita della persona delle comunità cristiane e delle chiese propria delle realtà europee, non sarebbe più stata in grado di esprimere la figura di un papa», risponde Scola.

Gli anni di Friborgo

C’è tanta Svizzera nella vita del Card. Scola. Un periodo importante. Fu un medico ticinese, Carlo Felice Beretta Piccoli, a trovare la diagnosi della malattia che gli causò molte sofferenze. Incontrò personalità di rilievo come Hans Urs von Balthasar e Mons. Eugenio Corecco, definito poi da Giovanni Paolo II il Vescovo «teeneger».

Pensando al tempo ultimo, imponente è la testimonianza del Vescovo Eugenio, di fronte alla malattia e la morte. «Chiedo al Signore – confida Angelo Scola – di essere almeno un po’ pronto come Corecco nel incontro con il Padre. Purtroppo sono ancora lontano dall’attitudine che concepisce la morte al centro della vita, che è una cosa che fa solo il cristianesimo, perché recepisce la morte non come una annullamento ma come uno scivolare dall’abbraccio degli amici e dei fratelli e sorelle cristiane nelle braccia di Dio».

Il «meticciato» di civiltà

«I processi in corso non siamo in grado di fermarli. Possiamo soltanto criticamente assecondarli. Il fenomeno migratorio è di questo tipo. Sono comprensibili i timori che nascono quando si entra in contatto con usi e costumi sconosciuti. Ma la paura va educata. E’ necessario mettere in atto una politica adeguata per l’accoglienza. La Chiesa è chiamata a fare il «buon samaritano», cioè ad accogliere in prima battuta. Il «meticciato» è il destino dell’Europa. Dobbiamo superare i pregiudizi, cioè dobbiamo lavorare su noi stessi per cercare la verità.»

Abusi nella Chiesa

«I problemi ci sono e vanno affrontati». Sulla tragica e dolorosissima vicenda della pedofilia, Scola ha spiegato che gli ultimi tre papi stanno cercando di aiutare la chiesa attraverso la preghiera, il digiuno, a ritrovare soprattutto nei suoi ministri una via di rinascita e di rinnovamento. «Io penso che il Signore non ci fa mancare i segni. La chiesa lombarda, ma non solo, è piena di esempi di santità, anche tra i giovani e nei laici. C’è ancora un’autentica Chiesa di popolo. Per questo sono pieno di speranza.«

Chiesa cattolica svizzera

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