L'incontro con il Maestro

Domenica scorsa il Vangelo ci presentava l’affascinante incontro di un giovane ricco con Gesù. Mi colpiscono sempre i termini di questa vicenda: tutto incomincia con un giovane che si avvicina a Cristo, pertanto un ragazzo curioso, attento, che sa riconoscere il Maestro quando lo vede e pure lo ama: per lui, Gesù, è il «Maestro buono». Un giovane, dunque, verso il quale ipoteticamente tutti desidereremmo immedesimarci, ma solo se la parabola finisse qui e non diventasse, invece, la storia triste di un incontro mancato. Il giovane, infatti, se ne andrà, come sappiamo, triste. Incontra il Maestro e se ne va deluso. Non sembra possibile. È una scena che trasmette sconforto. Incontrare il Maestro – lo Sposo delle nostre anime – è il sogno recondito di ogni anima affamata, che vorrebbe fargli sempre più spazio. Non si può immaginare che questo incontro finisca male.

Eppure può accadere: accade ogni volta che rubiamo minuti alla preghiera perché presi da faccende «più importanti», accade ogni volta che, per non lasciarci interrogare dalla Sua parola – che giunge fino alle giunture dell’anima, come ci ricorda san Paolo –  non ci presentiamo all’incontro con Lui, la Santa Messa; accade ogni volta che optiamo per una scelta fondamentalmente egoistica, nello studio, nel lavoro, in famiglia. Tutto questo ci impedisce di incontrare il Maestro. Probabilmente è proprio l’egoismo e la voglia di protagonismo ad essere anche alla base, nella Chiesa di oggi, dei recenti attacchi a Papa Francesco. Il giovane ricco se ne va triste perché non riesce a liberarsi dal suo ego pretenzioso e ingombrante, che gli intima di possedere tutto e tutti.

Ma la verità è un’altra: l’esito di questa scena evangelica può anche essere riscritto proprio da noi, giorno dopo giorno. Lo riscriviamo ogni volta che scegliamo di sorridere di fronte al dolore, alla fatica di vivere; ogni volta che stringiamo la mano ad una persona con la quale ci risulta difficile comunicare; ogni volta che, davanti all’opzione della defezione, scegliamo invece di andare avanti nonostante lo sforzo, di adempiere ai nostri doveri con sincerità e onestà (soprattutto intellettuale).

«Lascia tutto e seguimi», chiede Gesù. Lasca le tue insicurezze ma anche le tue sicurezze gelosamente custodite e prendi coraggio. L’invito di Gesù non è altro che l’invito a liberarsi – prima ancora che dei propri averi – di quei lati che meno amiamo della nostra personalità, quelli più oscuri e che più ci appesantiscono, per riscoprire invece di essere capaci di cose meravigliose, di essere donne e uomini generosamente lanciati verso l’alto e verso l’Altro. Così, «impoverendoci» di noi stessi, ci arricchiremo. Perché, come dice bene un padre della Chiesa, San Giovanni Crisostomo, «non è certo un’anima piccola quella che stima che gli manca ancora qualcosa, e trova insufficiente l’ideale proposto per raggiungere l’oggetto del proprio desiderio».

Chiesa cattolica svizzera

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