Diario da Lourdes/L'esperienza di alcuni dei volontari più giovani

In queste ore l’esperienza dei giovani volontari radunati a Lourdes grazie all’Opera diocesana pellegrinaggi della Diocesi di Lugano va intensificandosi; il loro lavoro a fianco dei malati, entrato nel vivo in questi giorni, si sta rivelando una vera sorpresa, soprattutto per chi è al suo primo pellegrinaggio.

Nicolas Calatti, di Morbio Inferiore, 18 anni dice di trovarsi molto bene anche per la conformità dell’esperienza alla sua formazione: «Mi sto formando nel campo sociosanitario; i consigli e i suggerimenti che raccolgo qui mi potranno essere utili anche a casa, sul mio posto di lavoro. Non mi aspettavo niente del genere: abbiamo anche orari molto stancanti, ma anche solo con quattro ore di sonno siamo in grado di lavorare molto. Mi stupisce anche l’età dei pellegrini malati, molti di loro giovani. È notevole il loro sforzo di essere sempre allegri, conforme alla nostra volontà di non far pesare loro la malattia»

Luca Rodrigues, 19 anni, di Rancate invece racconta: «Mi vengono in mente due aggettivi per descrivere questa esperienza: stancante e gratificante. Impiego molte energie durante il giorno ma vengo largamente ripagato. È un ambiente meraviglioso anche a livello di piccole cose, minimi gesti per il clima di famiglia. Capita di salutarci per strada, tra volontari, senza conoscerci; è un gruppo molto bello, in cui vige una sola regola: sorridere. Inoltre, quando i malati ti chiamano per nome e si interessano a te, ti commuovi. Sono stato invitato qui da don Marco, frequentando il suo oratorio, a Balerna. Mi sono detto Perché no? In fondo, volevo venire da tanto a Lourdes e anche fare un’esperienza di volontariato, quindi ho unito le due cose. Prima della partenza non ci pensavo, ma ora l’esperienza si sta trasformando dentro di me in una ricca riflessione.

È d’accordo anche Giovanni Lardelli, di Balerna, 18 anni: «È un ambiente che abbraccia e avvolge la stanchezza, quando arriva. I malati, con la loro naturalezza, mi fanno sentire bene. È un approccio che non mi aspettavo. All’inizio avevo anche molti dubbi e molta paura. Ora invece è tutto molto semplice, automatico, spontaneo. Sono venuto qui osservando la gioia che avevano di venire, in passato, i miei famigliari, tra cui i miei 4 fratelli».

Daniele, invece, è seminarista di Locarno ed è a Lourdes con l’intero seminario diocesano: «Sto vivendo questi giorni in modo molto intenso, a partire dalle varie liturgie e dai momenti di preghiera che richiedono una nostra partecipazione attiva. Inoltre, per noi seminaristi, è un’occasione preziosissima di conoscere la Diocesi nella quale in futuro saremo chiamati a servire, la sua gente e le loro storie di vita. Mi sta guidando, in questi giorni, un pensiero che ho sentito nel Rosario di ieri, ovvero: «Se preghiamo bene, forse non avremo una visione come Bernardette, ma la Madonna la sentiremo». Ed è davvero così! Pregando assieme si sperimenta fortemente anche la dimensione dell’unità: da molti diventiamo uno. È questo che ci porteremo a casa». Dai malati cosa impari? «Imparo la voglia di ad andare oltre la malattia, ad avere uno sguardo che si posa più in là. Qui i malati sono felicissimi, liberi ed amati. E così dovrebbe essere sempre, anche a casa loro. La persona va guardata non per la sua malattia, ma come immagine di Dio».

(lq)

Chiesa cattolica svizzera

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