Aggressione Daisy Osakue: mons. Nosiglia (Torino), «educarci al rispetto reciproco. Gli ›altri’ non sono diversi, sono il nostro prossimo»

«Chiedo pertanto a tutti un rispetto rigoroso e convinto delle leggi, e la promozione di un clima di umanità e di legalità morale e civile, senza spavalderia e senza odio che ingenerano comportamenti di rifiuto violento: perché questa è l’unica strada che abbiamo per allontanarci dalla paura». Così l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, commenta quanto successo a Daisy Osakue, la primatista italiana under 23 nel lancio del disco, colpita ad un occhio dal lancio di un uovo da una macchina in corsa mentre stava tornando a casa nella notte tra domenica e lunedì.

«Una ragazza, Daisy, colpita a Moncalieri; altre donne prese di mira con le uova; un giovane aggredito in metropolitana… Torino non manca, nella catena di notizie allarmanti che raccontano episodi di intolleranza o di grave violenza, che in questi mesi in particolare segnano la cronaca del nostro Paese», rileva Nosiglia, osservando che «certi titoloni di giornali finiscono per amplificare il clima di insicurezza in cui sembra che siamo immersi. Ma questa informazione emozionale non ci aiuta a ricordare la cosa importante: tocca a tutti noi educarci al rispetto reciproco«. «Gli ›altri’ non sono diversi, sono il nostro prossimo. Come noi lo siamo per loro», sottolinea l’arcivescovo, ammonendo: «Non è appiccicando etichette sulla faccia e sulla pelle della gente che salviamo la nostra vita. L’unico vero ›nemico’ che tutti abbiamo in comune è coltivare l’idea del nemico. Dare agli altri la colpa dei disagi nostri che non sappiamo affrontare è una deriva pericolosa».

«Torino e il suo territorio – afferma mons. Nosiglia – vengono da una lunga tradizione di tolleranza e solidarietà, che ha sempre contribuito a isolare e rifiutare ogni forma di discriminazione». «La stragrande maggioranza della popolazione, che crede e pratica i valori della accoglienza e della integrazione, reagisca – l’esortazione dell’arcivescovo – isolando quanti compiono tali gesti promuovendo sia sul piano educativo e sociale nelle famiglie, negli oratori e nelle scuole un clima di rispetto verso ogni persona perché tutti si sentano parte integrante di una cittadinanza dove il bene comune è l’obiettivo da perseguire insieme con l’apporto di ciascuno«.

AgenziaSir

Chiesa cattolica svizzera

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