Occorre girare il mare Mediterraneo

Siamo purtroppo abituati a guardare al Mediterraneo come a una gigantesca frontiera salata, con un «sopra» e un «sotto». «Sopra» l’Europa, rappresentata su antiche carte come una regina, «sotto» staccata in un sud che sa di inferiorità, l’immensa Africa, con il doppio confine del Sahara a tenercela lontana, lei nera e troppo diversa.

Noi del nord ci sentiamo superiori, gelosi e preoccupati del nostro benessere e della nostra civiltà: ci sentiamo minacciati da quelli del sud, così diversi, che arrivano da ogni dove e con ogni mezzo; allora chiudiamo i porti, le frontiere, le case, i cuori.

Quest’estate la cronaca ci parla ancora di queste vicende… Il tema non lascia indifferenti, con opinioni molto diverse e spesso non prive di estremismi e fanatismi: la Chiesa si è più volte espressa a sostegno dei migranti (ad esempio la CEI https://www.chiesacattolica.it/migranti-dalla-paura-allaccoglienza/) ma sembra prevalere il sostegno spesso emotivo a politiche di chiusura e di «primanostrismo», come sembra avvenire in Italia sotto l’impulso del vice-premier Salvini.

Sabine Réthoré, una cartografa – artista  francese, ha avuto un’idea geniale che ci può aiutare a dare uno sguardo diverso: ha creato una carta intitolata «Mediterraneo senza frontiere», girando la carta geografica di 90°, con il nord situato a destra, riscrivendo i nomi di città, regioni senza tracciare i confini: «Je n’ai pas dessiné les frontières qui nous divisent, mais les milliers de routes qui nous relient." (http://mediterraneesansfrontieres.org/)

Il risultato è sorprendente. Il Mediterraneo non è più una linea con un sopra e un sotto divisi, ma un grande lago salato con due sponde speculari. Un mondo unito con due rive che si specchiano, si attirano, si chiamano… Due sponde che in fondo nella storia sono state necessarie l’una all’altra, osmotiche anche se a volte in conflitto.

Forse dovremmo cambiare prospettiva anche noi. Smussare i toni, eliminare il populismo che crea consenso (purtroppo) ma non risolve i problemi. È tempo di leggere le carte in questo modo: non è possibile rispedire una nave indietro quando c’è un intero continente che soffre e partorisce disperati disposti a morire attraversando le roventi e insanguinate sabbie del Sahara o le pericolose acque del Mediterraneo.

Occorre cambiare prospettiva, capire che cosa c’è al di là della «frontiera» mediterranea. Certo, ci sono traffici illeciti, trafficanti privi di scrupolo, organizzazioni criminali… Ma ci sono soprattutto quei contesti instabili e insostenibili che spingono migliaia di persone a decidere di lasciare la propria terra, una terra diventata inospitale, pericolosa, sterile… Contesti in cui una grande responsabilità dei problemi ricade sulle nostre multinazionali e sugli stati che vendono armi e materiale bellico, che praticano il landgrabbing (privando le popolazioni locali dell’uso della terra), che sfruttano le materie prime, che impoveriscono il già fragile continente africano. Perché non si parla di questo? Perché non si cerca di capire che cosa sta alla base delle migrazioni? Perché non abbiamo il coraggio di assumere le nostra responsabilità verso un continente che da secoli sfruttiamo e utilizziamo secondo i nostri comodi?

Non basta fermare una nave. Non basta tracciare confini ed erigere muri. Occorre girare il mare e avere due sponde che crescano insieme, che collaborino, che affrontino i problemi alla radice. Un «mare nostrum» veramente di tutti.  Servono però leader all’altezza (causa persa?) e popoli che abbiano a cuore il benessere e la dignità di tutto il genere umano. Che «prima i nostri» diventi «noi per primi»: per primi ad aiutare, per primi a combattere le ragioni vere delle migrazioni, per primi a promuovere pace e sviluppo.

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/blogsi/occorre-girare-il-mare-mediterraneo/