Papa a Nomadelfia: in mondo ostile a ideali di Cristo, risposta è Vangelo

Sono il «calore» e il «clima di famiglia» a colpire Papa Francesco nella visita alla comunità di Nomadelfia, fondata nel 1947 da don Zeno Saltini in provincia di Grosseto. Dopo l’accoglienza all’arrivo poco dopo le 8.00 al campo sportivo da parte di mons. Rodolfo Cetoloni, vescovo della città toscana, don Ferdinando Neri, il parroco successore di don Zeno, e Francesco Matterazzo, presidente della realtà maremmana, il saluto del Pontefice per gli abitanti della cittadella. A seguire un intenso momento di raccoglimento al piccolo cimitero locale sulla tomba di don Saltini, scomparso nel 1981, con in sottofondo la registrazione di un brano del testamento del sacerdote: Francesco depone una pietra con il proprio nome, che si aggiunge a quelle lasciate dai nomadelfi. Quindi l’abbraccio con un gruppo familiare locale de «Il Poggetto», a cui il Pontefice affida due bambini. Poi il trasferimento in papamobile, con accanto un bimbo della cittadella, per l’incontro con i membri della comunità e la festa dei giovani, con musiche e canti, rappresentazioni e coreografie.

La realtà profetica di Nomadelfia

Il Papa incontra dunque una rappresentanza di tutte le facce di Nomadelfia, una «realtà profetica che – osserva – si propone di realizzare una nuova civiltà, attuando il Vangelo come forma di vita buona e bella». Ricorda la figura del fondatore che si dedicò «con ardore apostolico» a preparare il terreno al seme del Vangelo, affinché portasse frutti «di vita nuova», nonostante le «difficoltà» nella «concretezza del quotidiano».

La Legge della fraternità, che caratterizza la vostra vita, è stato il sogno e l’obiettivo di tutta l’esistenza di Don Zeno, che desiderava una comunità di vita ispirata al modello delineato negli Atti degli Apostoli. Dice così: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti avevano un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune». Vi esorto a continuare questo stile di vita, confidando nella forza del Vangelo e dello Spirito Santo, mediante la vostra limpida testimonianza cristiana.

Per i bambini, il linguaggio dell’amore

Di fronte alle sofferenze di bambini orfani o segnati dal disagio, don Zeno – aggiunge – comprese che «l’unico linguaggio che essi comprendevano era quello dell’amore».

Seppe individuare una peculiare forma di società dove non c’è spazio per l’isolamento o la solitudine, ma vige il principio della collaborazione tra diverse famiglie, dove i membri si riconoscono fratelli nella fede. Così a Nomadelfia, in risposta a una speciale vocazione del Signore, si stabiliscono legami ben più solidi di quelli della parentela. Viene attuata una consanguineità con Gesù, propria di chi è rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo e secondo le parole del divino Maestro: «Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

L’attenzione agli anziani

Questo «speciale» vincolo di consanguineità e di familiarità, prosegue Francesco, a Nomadelfia è manifestato anche dai «rapporti reciproci tra le persone», cioè tutti si chiamano per nome, mai con il cognome, e nei rapporti quotidiani si usa il «tu» confidenziale. Ma di segni profetici e di «grande umanità» nella cittadella ce ne sono tanti, come l’attenzione amorevole verso gli anziani: «anche quando non godono di buona salute», nota il Papa, «restano in famiglia» e sono sostenuti dall’intera comunità.

Continuate su questa strada, incarnando il modello dell’amore fraterno, anche mediante opere e segni visibili, nei molteplici contesti dove la carità evangelica vi chiama, ma sempre conservando lo spirito di don Zeno che voleva una Nomadelfia «leggera» ed essenziale nelle sue strutture. Di fronte a un mondo che è talvolta ostile agli ideali predicati da Cristo, non esitate a rispondere con la testimonianza gioiosa e serena della vostra vita, ispirata al Vangelo.

Il sapore del Vangelo

Infine il saluto a Nomadelfia: un incontro «breve», dice il Papa, ma «carico di significato e di emozione» che porterà con sé «nella preghiera» assieme ai «volti di una grande famiglia col sapore schietto del Vangelo». Come quelli dei bambini che, al termine, regalano tra l’altro al Papa un’altra pietra con sopra inciso il nome di Francesco, un libro realizzato con foto e disegni, una raccolta d’immagini di don Zeno. E come quelli di una coppia di fidanzati che, a sorpresa, fermano il Pontefice per un ultimo abbraccio. Il Papa ringrazia per i regali ricevuti che – dice, prima di accomiatarsi – sono «doni di famiglia», che vengono «dal cuore», quindi «semplici, ma ricchi di significato».

Giada Aquilino – VaticanNews

Chiesa cattolica svizzera

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