I cristiani non siano cittadini di serie B

Il cardinale Jean Louis Tauran presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, è rientrato da poco a Roma dopo essere stato in visita in Arabia Saudita, la prima in assoluto di un capo-dicastero nel Regno. Giunto venerdì scorso a Riad, il porporato è stato accolto dal principe Mohammed bin Abdurrahman bin Abdulaziz, vicegovernatore della capitale, e dallo stesso segretario della Lmm. A riceverlo anche il vescovo segretario del dicastero, il comboniano Miguel Ángel Ayuso Guixot, arrivato poco prima da Nairobi.  Nel corso della sua permanenza, il card. Tauran ha incontrato un folto numero di cristiani che qui si trovano a svolgere servizi di lavoro, rivolgendo loro parole di incoraggiamento.

R. –  Innanzitutto, bisogna sottolineare il carattere del tutto straordinario dell’incontro. Si tratta della prima visita di un capo del dicastero della Santa Sede, in questo caso un cardinale, in Arabia Saudita. È un Paese che ospita, non bisogna dimenticarlo, i due grandi santuari dell’Islam: La Mecca e Medina. La monarchia saudita e Papa Francesco hanno dato il loro pieno sostegno a questa iniziativa. La mattina della mia partenza c’erano otto editoriali nella stampa araba che parlavano di quanto appena accaduto, ossia della firma dell’intesa: un accordo di cooperazione, come quello che abbiamo con il Marocco e altri Paesi, che prevede che ogni tre anni si tenga un incontro per studiare un tema.

 In occasione di questa visita nel Regno, culla dell’Islam, lei ha ricordato che tutte le religioni devono essere trattate allo stesso modo, e ha sottolineato che l’ignoranza è una minaccia per la coesistenza…

R. – Penso che tutte le religioni si trovano di fronte a due pericoli: il terrorismo e l’ignoranza. L’avvenire consiste nell’educazione, non ci sono altri mezzi. E su questo ho insistito molto nei miei incontri: affinché nelle scuole si parli bene dei cristiani, dei non-musulmani e che non siano mai considerati come cittadini di «seconda classe». Su questo occorre lavorare molto. E mi ha fatto molto piacere quando il re mi ha detto che egli riconosce l’apporto che i cristiani danno alla costruzione del Paese.

Si può parlare di un «passo decisivo» compiuto in occasione di questa sua visita?

R. – Il fatto che il Papa e il re si siano impegnati e che ci sia stata la firma di quest’accordo, sono il segnale di una volontà di dare un’immagine nuova del Paese. Ho notato un desiderio, da parte delle autorità, di mostrare che anche in Arabia Saudita c’è la possibilità di discutere, e quindi di cambiare l’immagine del Paese.

Questa visita si è svolta peraltro in un momento in cui il principe ereditario Mohammed bin Salman sta cercando di introdurre riforme profonde nel Regno. Lei ha la sensazione che, su questo impulso, ci sia una volontà maggiore di dialogare con i responsabili delle diverse religioni, con la Santa Sede?

R. – Vedo un desiderio di avvicinarsi, ma una volontà … non mi spingerei fino a lì. Credo che sia necessario attendere per questo. Per quanto riguarda l’udienza con il re, è la prima volta, da quando mi occupo di questa regione, che vedo un’apertura mediatica così intensa, e al tempo stesso direi così equilibrata.

Lei ci vede la volontà di sensibilizzare la popolazione al dialogo interreligioso?

R. – Soprattutto i giovani, credo. Ci sono molti giovani che vanno a studiare all’estero,  e che tornano con altre idee. La nuova generazione può veramente aiutare in maniera efficace a «cambiare marcia» in un certo senso.

Quali sono ormai le prossime tappe in questo dialogo stabilito, iniziato, con il Regno?

R. – Bisognerà scegliere il tema della prossima riunione, la prima. Penso che sarà un tema dedicato all’educazione. E abbiamo bisogno che tutto ciò che facciamo sia concreto: di parole e testi ne abbiamo a centinaia. C’è bisogno che si senta che c’è qualcosa che si muove. Credo che la generazione dei giovani non solo sia pronta per questo, ma abbia anche i mezzi per instaurare questo tipo di relazione. I musulmani e i cristiani sono capaci di ascoltarsi, guardarsi, lavorare e costruire qualcosa insieme. Il mondo cambia, la storia lo dimostra. Quindi, se ciò è stato possibile nei secoli passati, perché non può esserlo ora?

Helene Des Tombes – Città del Vaticano

Chiesa cattolica svizzera

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