Droni ed Eucaristia. Ma i giovani gradiscono?

Il tempo pasquale ha immesso nella rete dei social network numerosi video di iniziative, sparse nell’orbe cattolico, per rendere più «accattivanti» e «coinvolgenti» le celebrazioni. Da un lato, apparizioni di statue raffiguranti Gesù risorto con tanto di carrello elevatore, dall’altro fuochi d’artificio durante il canto del gloria nella veglia pasquale. Per non parlare dell’aspersione dell’assemblea attraverso aggeggi per diserbante. Il primato più triste però, in questa imbarazzante corsa all’effetto speciale, spetta all’Eucaristia entrata processionalmente (chiesa di Sao Geralrdo Magela, a Sud del Brasile) in un ostensorio appeso ad un drone. Sì, un drone. Lo riscrivo, forse non è chiaro: un drone. Uno di quegli aggeggi simili ad elicotteri, che con quattro eliche orizzontali riescono ad avere grande manovrabilità e a trasportare piccoli oggetti per il tramite di un telecomando.
L’iniziativa è sicuramente discutibile. Ma ciò che ancor più lascia sconcertati è la motivazione data dai padri che – loro malgrado – hanno innescato forti polemiche sulla scelta: il desiderio era infatti quello di attrarre i giovani. Ora sorge spontanea la domanda: i giovani sono stimolati solamente da un aggeggio (deputato a tutt’altro uso) in un luogo insolito per il suo utilizzo? Fossi un giovane, mi offenderei. Primo: non ho bisogno di essere «adescato». Secondo, ancor meno per mezzo di un drone. Terzo: con questa giustificazione mi dici che non sono capace di discernere la sacralità.
Anche i bambini ed i ragazzi di oggi hanno – forse più che qualche anno fa – la capacità di cogliere ciò che è veramente solido; in un’epoca incerta, costellata da terrore, crisi e paure ed alimentata da un consumismo dilagante presentano il desiderio di cose vere. Il valore di ciò che viene posto davanti ha bisogno della coerenza, di quello stimolante legame che porta a vedere qualcosa di profondo. Se qualcosa è sacro, va considerato e trattato da sacro. Il desiderio di essere vicini ai giovani va quindi nella direzione non tanto del suscitare emozioni o ilarità fittizie, quanto piuttosto nell’impegno a scoprire una realtà spirituale che è già in loro e che attende stimoli in grado di far nascere un desiderio di trascendente. La liturgia-show rischia infatti di mettere in ombra proprio colui che deve essere al centro: Gesù Cristo. Lui, che è asceso al cielo per virtù propria, non ha bisogno di svolazzare come uno striscione pubblicitario. Ben vengano le iniziative per rendere accogliente ogni celebrazione (dal tono della voce, al simbolo durante l’omelia, al racconto di storielle o testimonianze edificanti)… ma non dimentichiamo che la liturgia non è al servizio dello spettacolo. Il codice liturgico è diverso.
Chi viene in chiesa – soprattutto in quest’epoca post-cristiana – non sta cercando ciò che già trova altrove. Droni, Peppa Pig e l’Uomo ragno già li trovano ovunque. Impegniamoci piuttosto a portare un messaggio fresco e attuale come il Vangelo. Solo chi mi porta Cristo – Dio incarnato, scusate se è poco – mi aiuta ad incontrarlo. E i giovani hanno bisogno di questo. Di conoscere Gesù. Tutto qui. L’incontro con Lui funziona sempre, non ha batterie che si scaricano e nessun guasto tecnico. L’incontro con Lui non si telecomanda. Provare per… credere!

 

Chiesa cattolica svizzera

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