Il coraggio di vivere una vita diversa

E’ venuta a trovarmi Anne con suo marito. Ci siamo conosciute quando insegnavo a Friburgo. Avevo notato quest’allieva con labbra viola, guance scure e mani blu. Più lenta degli altri ci teneva a partecipare in classe con le sue scoperte e riflessioni. L’ho rivista agli incontri di Taizé e così m’interessai alla sua volontà di aprirsi a nuove realtà. Nata con un ventricolo unico e una trasposizioni dei vasi, solo a 8 mesi quando non cresceva abbastanza, si scoprì che soffriva di problemi cardiaci. In ospedale fu detto ai genitori che forse non sarebbe sopravvissuta. Operazioni, vari mesi di cure intense in ospedale, poche visite da parte della famiglia che viveva troppo lontano. Quando tornò finalmente a casa, avendo già imparato a camminare, trovò un fratello. Altre operazioni la attendevano. «All’adolescenza quando vuoi essere come gli altri tutti giocano, corrono e s’innamorano. Ma nessuno ti guarda perché sei viola!». Più tardi passò un momento difficile quando il suo primo amore si sposò. L’uomo, che aveva dato importanza a lei, fece un’altra scelta. «Mi sono persa tra anoressia e bulimia. Non è facile riconoscere i propri limiti fisici, psichici e morali: accettarli, non averne vergogna, non nasconderli ai miei occhi ma semplicemente imparare a vivere».

 

Cosi mi venne l’idea di invitarla a un campo con handicappati adulti a Chevrens. «Mi hai dato l’occasione di superarmi e mi hai permesso di incontrare una donna che è sempre stata chiara con me, la mia testimone di nozze. Sai, essere senza maschera permette di aprirci agli altri in verità e accettare gli altri senza giudizio». Altre gravi infiammazioni al cuore, ospedalizzazioni importanti l’hanno portata di nuovo a vivere la sindrome dell’abbandono. Ma da un incontro ne nasce un altro. Durante il campo ha conosciuto persone vere, che ti amano per quella che sei. Attraverso quest’apertura lei si è lasciata commuovere, trasformare dalla bellezza e dalla ricchezza della sua umanità. «Sono riuscita attraverso la Comunità dell’Arca di Jean Vanier ad accettare i miei limiti. Sono finalmente riuscita a essere felice. Lì ho proprio vissuto il fatto di essere importante. La qualità delle persone mi ha portato ad un miracolo: incontrare mio marito».

 

Dopo il matrimonio – bella festa animata con amici diversamente abili, famigliari e conoscenti – all’età di 33 anni ci sono state altre operazioni, una in più nella sua vita. Come dice Jean Vanier «L’amore, non è fare cose straordinarie, eroiche, ma fare cose ordinarie con tenerezza». La coppia ha capito che il loro cammino sarebbe stato con la comunità dell’Arca e sono 18 anni che condividono la vita con le persone diversamente abili. Anne, sapendo che non avrebbe potuto avere dei figli, la sua maternità l’ha vissuta come catechista, insegnante, animatrice e educatrice. «E’ nella chiarezza del discernimento della mia vita che ho colto un altro modo di essere madre. Ne sono felice».

 

Lei ha sempre avuto il coraggio di vivere una vita diversa. La vita ti offre dei momenti, dove non puoi perdere l’occasione. Il suo cammino di accettazione, grazie al suo carattere positivo, le ha permesso di vivere dei rapporti veri. «Il cuore dell’Arca, non è la cura, neanche la persona con handicap; il cuore dell’Arca è l’incontro: è l’esperienza di un incontro». 

Anne è ripartita oggi. Come ogni volta dopo un bel momento di condivisione, mi regala questo profondo coraggio di vivere una vita diversa. Grazie

Chiesa cattolica svizzera

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