Quando a Dachau venne ordinato un prete

L’anello episcopale forgiato con l’ottone, la croce pettorale intagliata da un pezzo di legno di quercia e persino una mitria realizzata in gran segreto. Con il prigioniero numero 103001 che – rivestito di quelle insegne episcopali – impone le mani su un giovane compagno di detenzione. Il tutto mentre un altro deportato ebreo – fuori dalla baracca – tiene un concerto con il suo violino per distrarre l’attenzione delle guardie naziste. E i pastori evangelici preparano il caffè per celebrare l’evento alla fine del rito.

 

Tra le pieghe dell’orrore dei campi di concentramento e della Shoah – che la «Giornata della memoria» esorta a non dimenticare – c’è anche questo: il ricordo di un’ordinazione sacerdotale del tutto straordinaria. Avvenne a Dachau nel dicembre 1944 ed ebbe per protagonisti un giovane diacono tedesco malato di tubercolosi – Karl Leisner, che Giovanni Paolo II avrebbe poi proclamato beato nel 1996 – e il vescovo di Clermont-Ferrand, monsignor Gabriel Piguet, l’unico tra i presuli francesi a essere deportato dai nazisti.

 

La vicenda è uno dei capitoli della storia della «baracca dei preti», la sezione di Dachau dove i nazisti a partire dal 1940 concentrarono i religiosi arrestati per attività contrarie al Reich. La macabra contabilità delle camicie brune parla di ben 2.720 membri del clero imprigionati nel campo della Baviera; e di questi furono ben 1.024 a non uscirne vivi. Per la stragrande maggioranza si trattò di sacerdoti cattolici (soprattutto polacchi), ma tra gli internati nel campo vi furono anche pastori protestanti e pope ortodossi che anche in quella stagione vissero insieme quell’«ecumenismo del sangue» a cui fa spesso riferimento papa Francesco.

 

Karl Leisner veniva dalla diocesi di Munster, dove era cresciuto nell’associazionismo cattolico locale. Entrato in seminario nel 1939 era già stato ordinato diacono dal suo vescovo, Clemens von Galen, la più coraggiosa voce cattolica in Germania tra gli oppositori del nazismo. Pochi mesi dopo, però, era stato arrestato per un commento imprudente sul fallito attentato a Hitler. Incarcerato a Sachsenhausen, nel 1940 fu trasferito anche lui a Dachau. Quando arrivò era già affetto da tubercolosi e gli stenti del campo di concentramento fecero ulteriormente peggiorare la sua malattia. Condotto più volte dalla baracca dei preti all’infermeria generale, la visse come un’opportunità per svolgere il suo ministero tra gli altri ammalati del campo.

 

Vedendo le sue condizioni di salute peggiorare giorno dopo giorno gli altri sacerdoti desideravano che potesse almeno essere ordinato prete prima di morire; ma l’assenza di un vescovo rendeva questo sogno impossibile. Finché nel settembre 1944 al campo, in un convoglio di deportati dalla Francia, non arrivò a Dachau monsignor Piguet. Figura – da parte sua – alquanto anomala: reduce della prima guerra mondiale (dove era stato anche ferito), come vescovo di Clermont-Ferrand era stato molto vicino al maresciallo Pétain, guida del fronte collaborazionista di Vichy. Ma nella domenica di Pentecoste di quel drammatico 1944 era stato arrestato dalle Ss in cattedrale, davanti ai fedeli. L’accusa ufficiale era quella di aver aiutato un sacerdote vicino alla «Resistenza»; dietro a un’azione così plateale c’era però probabilmente anche altro: i nazisti dovevano essere venuti a sapere che su sua indicazione molti istituti cattolici della diocesi nascondevano bambini e ragazzi ebrei. Così fu Piguet a finire a Dachau, nella baracca dei preti.

 

Venuto a conoscenza della storia di Karl Leisner il Vescovo francese accettò di presiedere l’ordinazione di nascosto, assumendosi anche un rischio personale di fronte alle guardie naziste. E affinché tutto fosse fatto a norma di Diritto canonico, attraverso un canale segreto di comunicazione con l’esterno fu fatto arrivare a Dachau un biglietto di von Galen che autorizzava l’ordinazione. La cerimonia ebbe luogo il 17 dicembre 1944, che in quell’anno era la domenica del Gaudete; le condizioni fisiche di Leisner erano però già talmente precarie che solo il 26 dicembre poté celebrare la sua prima Messa. Quando alla fine dell’aprile 1945 gli americani liberarono il campo di Dachau il giovane sacerdote era ancora vivo; ma non fu in grado comunque di riprendersi: morì il 12 agosto 1945.

 

Piguet, invece, poté tornare nella sua diocesi di Clermont-Ferrand, dove morì poi nel 1952. La Francia del generale De Gaulle non gli aveva perdonato, comunque, il suo passato: il suo nome era finito lo stesso nelle liste del ministero degli Interni sui vescovi compromessi con il governo di Vichy. Chi invece non dimenticò mai il suo coraggio furono i ragazzi ebrei che grazie a lui si salvarono dallo sterminio: in forza delle loro testimonianze il 7 novembre 2000 Piguet è stato riconosciuto dallo Yad Vashem a Gerusalemme come «Giusto tra le nazioni».

Giorgio Bernardelli – VaticanInsider

Chiesa cattolica svizzera

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