Ue e Africa unite per i profughi. Una task force con l'Onu

Una task force congiunta tra Unione Europea, Unione Africana e Onu «per salvare e proteggere le vite di migranti e rifugiati lungo le rotte migratorie e in particolare in Libia, accelerando i rimpatri volontari assistiti verso i Paesi di origine e il reinsediamento di coloro che ne hanno bisogno». A pochi giorni dallo scioccante reportage della Cnn sulla vendita di migranti come schiavi in Libia, ieri il vertice tra Unione Africana e Unione Europea ad Abidjan, in Costa d’Avorio (28 Stati Ue più 55 africani, più Ue e Onu) ha portato a un’iniziativa di cui poi andranno meglio definiti i dettagli.

Ad annunciarla l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini, i presidenti della Commissione Europea e di quella Africana, Jean-Claude Juncker e Moussa Faki Mahamat, e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. «Questa iniziativa – si legge in una nota congiunta – rafforzerà, amplierà e accelererà il lavoro in atto fatto dai Paesi di origine e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), con finanziamenti dell’Ue, che ha consentito finora, da gennaio, il ritorno volontario nei loro Paesi di origine di 13.000 migranti». In effetti la task force non inventa niente di nuovo, ma vuole accelerare su quanto già ha avviato con un certo successo l’Ue in cooperazione con l’Oim.

L’intesa prevede inoltre che il lavoro della task force «sarà strettamente coordinato con le autorità libiche e farà parte del lavoro comune che Unione Africana, Unione Europea e Nazioni Unite intensificheranno per smantellare le reti criminali e di trafficanti e per offrire opportunità di sviluppo e stabilità ai Paesi di origine e di transito, affrontando le cause profonde della migrazione». Un’iniziativa cui si aggiunge una seconda, altrettanto importante, patrocinata dall’Italia, e cioè l’accordo tra Acnur (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati) e il governo libico di creare a Tripoli una «struttura di transito e partenza», per accelerare i rimpatri volontari di migranti che non hanno bisogno di tutela internazionale, e il reinsediamento di quelli che invece hanno bisogno di protezione. Segnale che Africa ed Europa intensificano l’azione sul fronte del dramma dei migranti soprattutto in Libia, non è mancata una dichiarazione che condanna il crimini, anzitutto lo schiavismo, ma esprimendo pieno sostegno al premier libico Fayez al-Sarraj.

Il vertice ha costituito l’ultima tappa del viaggio africano di Paolo Gentiloni, dopo Tunisia, Ghana e Angola. Un viaggio, ha detto il premier, «che aveva come obiettivo quello di portare l’Africa in cima all’agenda internazionale». Ad Abidjan Gentiloni ha incontrato incontrato il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara il premier etiope Haile Mariam Desalegn. Sul fronte europeo, una breve chiacchierata con la cancelliera Angela Merkel e con il presidente francese Emmanuel Macron. Il capo dell’Eliseo ha preannunciato due giorni fa di voler rilanciare la cooperazione tra Europa e Africa per svuotare i campi libici. «Credo – replica il premier – che Italia e Francia possano collaborare, ma l’impegno deve essere sul terreno, facendo quel che bisogna fare».

L’Italia, dice Gentiloni, «ha fatto la sua parte, con testa alta e orgoglio», con gli accordi per la guardia costiera libica, con le tribù libiche, gli esperimenti pilota per i corridoi umanitari. I flussi sono crollati da 102.000 nel periodo luglio novembre 2016 a 33.200 nello stesso periodo del 2017. «Stiamo indebolendo i trafficanti», ha detto. Solo che l’Italia «ha aperto la strada non può continuare da sola». Anzitutto sul fronte dei soldi: l’Africa Trust Fund, lanciato due anni fa per finanziare anzitutto le operazioni dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni e dell’Acnur anzitutto in Libia e aiutare i vari Paesi del Sahel a combattere i trafficanti, sta finendo i soldi. L’Ue ha messo 2,9 miliardi, ma gli Stati membri solo la ridicola cifra di 260 milioni di euro, in massima parte Italia e Germania. L’auspicio di Gentiloni è che «tutti mettano mano al portafoglio». La lotta alla migrazione clandestina e soprattutto al traffico è un presupposto, del resto, per poter pensare anche alla migrazione legale, di cui «alcuni settori hanno bisogno di manodopera». E «questa possibilità è però tanto maggiore quanto più riuscirà a frenare i flussi irregolari in mano ai criminali».

Per Gentiloni comunque il clima sta cambiando, «c’è una maggiore consapevolezza – dice – di collaborare sui flussi migratori». «Abbiamo un interesse comune – ha detto anche Merkel – ha porre fine alla migrazione ». Al centro, naturalmente, i giovani, non è mancato un appello di Ouattara. «Vi invito – ha dichiarato – ad avere fiducia nel futuro e a non imbarcarvi nell’avventura, mettendo a rischio la vostra vita».

di Giovanni Maria Del Re, Avvenire – Abidjan (Costa d’Avorio) – 30 novembre 2017

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