Mons. Paglia: violenza su donne, segno d'indebolimento cultura

Si è celebra sabato nel mondo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. La data del 25 novembre è stata scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal impegnate a contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo, il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni. Quest’anno il Cortile dei Gentili e il ministero italiano dell’Istruzione hanno organizzato a Roma un momento di dialogo con gli studenti, alla presenza del cardinale Giancarlo Ravasi e del ministro Valeria Fedeli. Tra le iniziative, è stata pure promossa una no stop di 16 giorni, una campagna dell’Onu che prende il via oggi per concludersi il 10 dicembre, Giornata per i diritti umani. Un ponte tra due date che vuole proprio sottolineare il fatto che la violenza contro le donne è una vera e propria violazione dei diritti umani. Come spiega ai nostri microfoni il Presidente della Pontificia Accademia per la vita, mons. Vincenzo Paglia, il problema è un segno evidente dell’indebolimento della cultura contemporanea:

R. – Io credo che purtroppo di fronte a questa crescita della violenza contro le donne noi paghiamo il prezzo di un’indifferenza, quasi un’indifferenza globale, salvo che per se stessi. In questo senso, creare dei momenti dove si rifletta su questo è quanto mai opportuno, perché, a mio avviso, la violenza contro le donne è uno degli aspetti di un indebolimento della cultura in generale. Non è solo un evento che accade a caso. Tra l’altro oggi, anche nell’opinione pubblica internazionale, ci sono gli scandali relativi a Hollywood, a Walt Disney, e così via… Io credo che sia indispensabile per tutti, per la Chiesa, per la cultura civile, ripensare il tema della violenza contro le donne in un orizzonte più largo. Non possiamo chiedere solamente uno scatto di buona volontà, c’è un problema culturale e, a mio avviso, dovremmo ritornare tutti a riflettere sulla radicale differenza, eguaglianza, tra uomo e donna per ricomprendere quella alleanza originaria tra l’uomo e la donna a cui Dio ha affidato la custodia del Creato e la responsabilità delle generazioni. Dovremmo riflettere con più profondità sul rischio di dimenticare la differenza, magari cercando il neutro, oppure di individuare una uguaglianza incolore. Ecco perché, a mio avviso, c’è bisogno di ricomprendere da parte dell’uomo l’indispensabilità dell’altro, che inizialmente è la donna, e viceversa.

D. – In Italia, però, i casi di violenza contro le donne, almeno quelli di omicidio contro le donne, sono perlopiù da parte dei propri partner che lo fanno come dicono per amore, quindi non è per una mancata differenza. La Chiesa cattolica cosa fa per proteggere le vittime e per prevenire questi crimini?

R. – Ma la mancata differenza vuol dire che c’è una sorta di «egolatria», di culto dell’io, per cui quel che conta sono io e sull’altare dell’io si sacrificano anche gli affetti più cari, compresi quelli più vicini. In questo senso, il recupero della differenza vuol dire l’impossibilità a ridurre la realtà a se stessi. Questo è il nodo che oggi è ancora poco sciolto, anche all’interno del normale pensiero sia di chi crede ma anche del pensiero laico. Dobbiamo andare un po’ al di là, sia del maschilismo che del femminismo: cioè, dobbiamo rifondare una nuova cultura. Per certi versi, io credo che siamo arrivati al capolinea, cioè ad una fatica nel ripartire per edificare un mondo dove la diversità non significa inimicizia ma ricchezza, dove la presenza dell’altro non significa un pericolo ma un’opportunità. E questo è vero a livello globale, è vero a livello della famiglia, a livello delle grandi città, a livello della disuguaglianza del pianeta, a livello anche della politica. La riduzione del reale a se stessi, l’individuo si sente unico, e questo è un problema, secondo me, di un recupero di una cultura che deve prevedere – questa la mia convinzione – una nuova alleanza tra l’uomo e la donna, perché quando c’è questa alleanza, quando le cose vanno bene tra l’uomo e la donna va bene la storia, va bene pure la società; quando le cose vanno male vuol dire che la storia deve cambiare verso.

Chiesa cattolica svizzera

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