Atrapasueños ~ Acchiappasogni

Orfanotrofio.
Spesso ne hanno solo sentito parlare le orecchie, li hanno visti gli occhi nei film..
Ora le mie mani hanno toccato, gli occhi visto senza un televisore di mezzo, le orecchie ascoltato i pianti e le loro voci.

Sapete quando vedete cadere una stella cadente, che si dice «esprimi un desiderio»?
O quando una coccinella si poggia sul dorso della mano?
Quando soffi le candele sulla torta del tuo compleanno?
Da anni non ho il desiderio da esprimere. Ho già tutto, e mi sento anche troppo fortunata. Ho una mamma, un papà, un fratello che non smetto di amare anche se non mi ama come lo amo io, una nipotina che è il sorriso dei cuori, un fidanzato che mi aiuta a camminare come fosse diventato la mia gamba destra ed io la sua sinistra, Amici da contare sulle dita di una mano. Io una famiglia ce l’ho, anche se sparsa qua e là come pezzi di un puzzle.

Ma entrata fra quelle mura avrei voluto riavere indietro tutti i miei desideri inespressi, il fumo delle candele che si dissolve, la coccinella che mi ha rubato un sorriso, le stelle che illuminano notti. Averlo qui e poter desiderare una famiglia per ogni bambino. Un papà.
Perché quei bambini hanno suore e volontarie che fanno loro da mamma. Ma gli manca qualcosa, qualcuno.
Nulla potrà mai ridargli la sua mamma e il suo papà.
Io su quelle candeline voglio chiedere una famiglia che possa crescere nell’Amore quei figli.

Quella bambina appena arrivata che non smette di piangere neanche per respirare, che vuole essere presa in braccio e non scendere più, non mollare mai la sua mamma.
Chiudo gli occhi e ricordo quell’odore di casa, quell’odore di mamma. Che la tua mamma conserva anche quando sei cresciuta, l’annusi ed è sempre quello. Buono, caldo ed accogliente. Ti rassicura e ti fa sentire protetta.
Mi auguro che quel profumo, anche se diverso, possa tornare nei nasi di quei bimbi. Che smettendo di piangere tornino a respirare il candido profumo dei fiori.

Niños, è giunta l’ora di augurarvi la «buena noche», e mi è difficile perchè chiudo gli occhi e vi vedo lì, nelle camerate che pensavo fosserò solo la sceneggiatura dei film. In quei letti senza comodini, tutti uguali, in fila, con lo stesso lenzuolo. Ordinato, senza lenzuola stropicciate e letti sfatti. Senza peluche lanciati in giro. Come fanno i vostri sogni a ricordarsi dove dormono?

Chissà che questo vento stanotte possa ascoltarmi, venirvi a cantare una dolce buona notte e a cullarvi sopra ad una foglia.
Che il soffitto della casa «San Lorenzo» possa diventare il cielo con quelle milioni di stelle che speriamo con il naso all’insù ogni dieci d’agosto.

Questa mia ultima notte boliviana, i miei sogni e i miei desideri sono dedicati a voi. Affinché possiate acchiappare quel sogno e trovarvi in un villaggio, correre nei suoi prati verdi, sedervi in grandi tavolate e ricevere la carezza di mamme e babbi.
Crescere come girasoli, grandi uomini che sanno piangere e con le proprie lacrime far nascere margherite dai palmi delle mani

Chiesa cattolica svizzera

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