«Non si può conservare la dottrina senza farla progredire»

Il tema che Papa Francesco ha voluto porre al centro dell’attenzione intervenendo all’incontro promosso dal dicastero per la Nuova Evangelizzazione è stato quello della pena di morte e della necessità di ampliare nel Catechismo lo spazio che vi è dedicato. Era naturale che questo argomento attirasse l’attenzione dei media, data la sua attualità. Ma l’intervento del Pontefice è servito per ribadire che la dottrina e la Tradizione possono essere davvero conservate e tramandate soltanto facendole progredire. Considerazioni fondate sui padri della Chiesa e sui Concili, che aiutano a inquadrare il dibattito anche su altri temi nel discutere i quali viene chiamata in causa la fedeltà alla dottrina.

 

Francesco ha citato innanzitutto la celebre frase di san Giovanni XXIII, il quale, aprendo il Concilio Vaticano II l’11 ottobre 1962, aveva detto: «È necessario che la Chiesa non si discosti dal sacro patrimonio delle verità ricevute dai padri; ma al tempo stesso deve guardare anche al presente, alle nuove condizioni e forme di vita che hanno aperto nuove strade all’apostolato cattolico». «Il nostro dovere – continuava il Pontefice bergamasco – non è soltanto custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell’antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell’opera che la nostra età esige, proseguendo così il cammino che la Chiesa compie da quasi venti secoli».

 

Papa Bergoglio ha dunque spiegato che «Custodire» e «proseguire» è «quanto compete alla Chiesa per sua stessa natura, perché la verità impressa nell’annuncio del Vangelo da parte di Gesù possa raggiungere la sua pienezza fino alla fine dei secoli». Lo stesso san Giovanni Paolo II, presentando il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, sosteneva che «esso deve tener conto delle esplicitazioni della dottrina che nel corso dei tempi lo Spirito Santo ha suggerito alla Chiesa. È necessario inoltre che aiuti a illuminare con la luce della fede le situazioni nuove e i problemi che nel passato non erano ancora emersi». Le sfide dell’oggi non sono quelle di un secolo fa e neanche quelle di trent’anni fa. Per questo si celebrano Concili e Sinodi, e per questo si sono tenute ben due assemblee dei vescovi per discutere di matrimonio e famiglia, in contesti sociali che mutano a velocità assai sostenuta.

 

«Non è sufficiente – spiega Francesco – trovare un linguaggio nuovo per dire la fede di sempre; è necessario e urgente che, dinanzi alle nuove sfide e prospettive che si aprono per l’umanità, la Chiesa possa esprimere le novità del Vangelo di Cristo che, pur racchiuse nella Parola di Dio, non sono ancora venute alla luce. È quel tesoro di «cose antiche e nuove» di cui parlava Gesù, quando invitava i suoi discepoli a insegnare il nuovo da lui portato senza tralasciare l’antico». Dopo aver ricordato riprendendo un testo del Catechismo Romano valorizzato dal nuovo Catechismo, che ricorda come «Tutta la sostanza della dottrina e dell’insegnamento dev’essere orientata alla carità che non avrà mai fine. Infatti, sia che si espongano le verità della fede o i motivi della speranza o i doveri della attività morale, sempre e in tutto va dato rilievo all’amore di nostro Signore», Papa Bergoglio torna a parlare della Tradizione come «una realtà viva».

 

«Solo una visione parziale – spiega Francesco – può pensare al «deposito della fede» come qualcosa di statico. La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! No. La Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare». Il Papa ribadisce «la felice formula» di san Vincenzo da Lérins: «annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate»», cioè anche il dogma della religione cristiana, «progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età». Una formula, afferma ancora Francesco, che «appartiene alla peculiare condizione della verità rivelata nel suo essere trasmessa dalla Chiesa, e non significa affatto un cambiamento di dottrina».

 

Dunque, «non si può conservare la dottrina senza farla progredire né la si può legare a una lettura rigida e immutabile, senza umiliare l’azione dello Spirito Santo. «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri» (Eb 1,1), «non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio» (Dei Verbum, 8).Questa voce siamo chiamati a fare nostra con un atteggiamento di «religioso ascolto», per permettere alla nostra esistenza ecclesiale di progredire con lo stesso entusiasmo degli inizi, verso i nuovi orizzonti che il Signore intende farci raggiungere».

 

A proposito di cambiamenti significativi che indicano come la dottrina debba «guardare anche al presente, alle nuove condizioni», come affermava Papa Roncalli, si può ricordare il grande salto rappresentato da Familiaris consortio di Giovanni Paolo II. In quell’esortazione post-sinodale, Wojtyla metteva bene in chiaro l’esistenza di circostanze attenuanti: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valid o».

 

E affermava, rompendo con una secolare tradizione, che i divorziati in seconda unione, i quali per vari motivi non possono tornare ai rispettivi matrimoni ormai falliti, potevano accedere ai sacramenti se si impegnavano a vivere come fratello e sorella, cioè astenendosi dai rapporti sessuali. Questa decisione in quel momento rappresentava una importante novità. I divorziati risposati disposti a vivere come fratello e sorella (circostanza questa che ovviamente ha a che fare con la loro intimità e non è scritta nei documenti di identità né nei cartellini di riconoscimento), potevano non soltanto venire accolti nella comunità cristiana, ma anche partecipare all’eucaristia.

 

Alcuni anni dopo, nella lettera al cardinale Penitenziere Maggiore William Wakefield Baum (22 marzo 1996), Papa Wojtyla affermava: «Conviene peraltro ricordare che altro è l’ esistenza del sincero proponimento, altro il giudizio dell’intelligenza circa il futuro: è infatti possibile che, pur nella lealtà del proposito di non più peccare, l’esperienza del passato e la coscienza dell’attuale debolezza destino il timore di nuove cadute; ma ciò non pregiudica l’autenticità del proposito, quando a quel timore sia unita la volontà, suffragata dalla preghiera, di fare ciò che è possibile per evitare la colpa». E l’anno successivo, nel vademecum per i confessori in materia di morale familiare, redatto dal cardinale Alfonso Lopez Truijllo, si leggeva che «la recidiva nei peccati di contraccezione non è in se stessa motivo per negare l’assoluzione; questa non si può impartire se mancano il sufficiente pentimento o il proposito di non ricadere in peccato».

 

Una riflessione più accurata e pacata sulla storia della Chiesa e sulla teologia aiuterebbe a far comprendere, ad esempio, che è tradizionale l’insegnamento di Amoris laetitia là dove si afferma che nella valutazione della colpa ci possono essere delle attenuanti. Nel capitolo 8 dell’esortazione frutto di due Sinodi, il Papa, sulla scia di questa tradizione, ha aperto alla possibilità – senza cadere nella casistica e senza permissivismi o via libera indiscriminati – che in qualche caso i divorziati in seconda unione (che non riescono a vivere come fratello sorella ma si rendono conto della loro condizione e iniziano un cammino) possano accedere anche ai sacramenti, dopo un periodo di discernimento accompagnato da un sacerdote. Come peraltro già accadeva in passato in taluni casi nel rapporto con il confessore.

Andrea Tornielli – VaticanInsider

Chiesa cattolica svizzera

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