Curarsi di ciascuno

Giorni particolari. Papa Francesco ricorda al popolo colombiano la sua vocazione fondamentale alla pace e si incarica così di una parola finalmente rassicurante per delle orecchie che troppo spesso avevano udito di sconfitta, soprattutto morale, quella inflitta dai narcos, irrispettosi di tutto. Intanto, dall’altro capo del mondo, la Corea tiene tutti sulle spine e la tensione altalenante pervade l’aria che prima respiravamo tranquilli. Oltre la visita di Papa Francesco alla Colombia, mi ha davvero sollevato il cuore, distraendomi un po’ dalle preoccupazioni, scoprire quanti bei contributi sono circolati sul web per ricordare che siamo ad un anno dalla canonizzazione di Madre Teresa, avvenuta il 4 settembre dello scorso anno. Sui portali svizzeri non sono nemmeno mancati dei ricordi di religiosi locali che l’hanno incontrata. Mi ha colpito, in particolare, la testimonianza di Nicholas Buttet, religioso del Vallese e fondatore della comunità Eucharistein. Egli ha raccontato ai media di essere venuto a conoscenza di un sogno che Madre Teresa aveva fatto, simbolo eclatante della sua libertà interiore: morta, giunge davanti a san Pietro, che le chiede quale opera avesse compiuto di maggior significato sulla terra. La risposta è chiara: alleviato le sofferenze dei lebbrosi nelle bidonville. San Pietro le avrebbe allora risposto, in sogno, che la sua lista di mestieri non contemplava quell’attività specifica. La reazione di Madre Teresa fu pronta: «vedrai se non è un mestiere…ti riempirò il Cielo di uomini raccolti nelle bidonville».  Certo, fu solo un sogno, ma senza ombra di dubbio Madre Teresa è stata una santa caparbia, dimostrando come questa dote si sposi molto bene con quella dell’umiltà, di cui la suora era altrettanto campionessa. Una personalità complessa – come si evince dagli scritti vergati con la sua mano – ma luminosa, tutta alla luce del sole, irradiante quella positività di cui tanto spesso andiamo mendicando, proprio come i malati che ella accudiva silenziosamente, perché del resto «il protagonista della storia è il mendicante che ciascuno ha dentro di noi» (Papa Francesco, qualche ora fa, alla gente di Bogotà). Ho così pensato quanto fosse bello che il ricordo di Madre Teresa, nei media, si svolgesse quasi contemporaneamente, precedendolo di poco, alla divulgazione del messaggio di pace del Papa per la Colombia. Ancora di più, mi piace pensare che il Papa lo abbia elaborato grazie all’intercessione di colei che un anno fa aveva fatto santa e che aveva posto a scopo della sua vita proprio la pacificazione degli animi degli uomini incontrati per la strada, distrutti da un’esistenza ingrata e difficile. Perché la consolazione di un popolo intero si fa attraverso la consolazione di ogni singola creatura che lo compone, rivolgendo a un disagio personale una altrettanto personale e insostituibile attenzione. È questa l’intuizione fondamentale e lungimirante che ha avuto Madre Teresa nei confronti della società indiana – lacerata dalla legge durissima e monolitica delle caste – ed è questo, mi sembra, che ha dimostrato Papa Francesco nel suo viaggio, con i suoi gesti inequivocabili: farsi carico di ciascuno per lasciare che, toccato e guarito il cuore, sia ricostituito l’intero corpo nella sua dignità, in questo caso quello della nazione colombiana. Infatti «qui sta la grandezza e la bellezza di un Paese: nel fatto che tutti sono accolti e tutti sono importanti» (Papa Francesconell’incontro con le autorità colombiane).

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/blogsi/curarsi-di-ciascuno/