È ora di mettere nelle relazioni più amore

Sono partita presto per venire a salutarti. L’alba non si faceva ancora vedere. Alla dogana sono stata sorpresa da 3 tortore che si sono messe proprio per terra davanti alla macchina. Questo fermarmi in modo inaspettato mi ha portato a pensare che la vita è cosi. Inaspettata nei suoi incontri e nei suoi momenti di intensità. In viaggio ho notato tutta la catena delle Alpi innevate. Cosi il cielo ha avuto i colori dell’alba della bellezza mattutina, della limpidezza come dovrebbero essere i rapporti. Sempre più vicino si è delineato il Monviso cosi bianco che spiccava davanti a me nel cielo. Pensavo a come la vita ci invita a salire in montagna a spogliarci e andare verso l’essenzialità quella che ti fa toccare il cielo. E’ proprio un camminare, tanto con il desiderio dell’incontro con se stessa e con il Divino.
Sono arrivata da te, in ospedale, al Gradenigo. Non mi aspettavo di incontrarti in questo luogo. Ti ho trovato in una stanza su un letto a seguire una cura. I tuoi occhi si sono illuminati quando ci siamo viste e abbracciate. Mi hai subito raccontato del tuo viaggio in Africa delle attività che avete svolto. Era la prima volta che ti sentivo parlare di come l’Africa ti aveva riempito il cuore.
Nell’ampia chiacchierata ti sei soffermata molto sull’impegno dell’anno di volontariato. Mi hai detto «me la sono presa tanto» ma percorrevi quanto avete realizzato con le assistenti sociali, le ragazze accolte, le famiglie e le numerose volontarie. Senza l’appoggio della Caritas locale e dei suoi maestri nazionali con il loro stile di grande sobrietà e di impegno non avresti potuto realizzare questo accompagnamento speciale alle ragazze in difficoltà in Via Cottolengo, via Barbaroux, al Pozzo di Sicar, e tanti altri indirizzi. Hai sempre cercato di svolgere un’attività dove «la carità non si delega».
Desideravi che le ragazze potessero sentirsi accolte, amate e «di consentire loro di sentirsi uguali agli altri». Cosi abbiamo vissuto in comunità alloggio negli anni 80, abbiamo affrontato i loro problemi di quotidianità con semplicità, momenti di educazione, cercando il dialogo con chi ci stava attorno. C’era una attenzione particolare al prossimo, al povero anche da parte delle strutture comunali: «Era dura ma queste ragazze in difficoltà ci hanno insegnato tanto».
Mi hai ricordato la storia di tante ragazze di quel tempo e mi passavano in testa i momenti vissuti soprattutto i pasti, le passeggiate in Via Po e i canti la sera con la chitarra nei parchi della città. Attimi di vita intensi! Raccontando della loro vita ho sentito quanto le hai amate e le abbiamo apprezzate. Non ti è sfuggito niente nella loro sofferenza. Certe, per fortuna, con il tuo appoggio, hanno ricominciato una nuova vita magari con il loro figlio. Come non credere nella forza della vita. Tutto è ricerca di dignità: «bisogna saper mettere amore nelle relazioni». E’ stato un cammino insieme. SI è proprio così!
Durante il viaggio di ritorno pensavo alla violenza dei rapporti nelle loro famiglie o sulla strada e alle ragazze quanto avevano subito. Si, commentavamo la violenza in questo ambiente delle ragazze di strada. Una grande esperienza dura come ce lo siamo dette in questa stanza d’ospedale ma quanto abbiamo imparato da loro sulla vera povertà. «Tutte buone queste ragazze» hai insistito con la voce e lo sguardo.
E cosi, pensandoci su bene, hai potuto articolare il tuo sentire dentro «quello che noi siamo perché siano il dono di Dio per tutti», i maestri ai quali ti sei inspirata e il volontariato sociale. Sono stata colta di sorpresa quando con voce viva, calma e dolce mi hai parlato di «unità». Cosi ci siamo salutate. Sapevo che non avremmo avuto l’occasione di rivederci ancora. E’stato un momento commovente, di bilancio, di comprensione di certe scelte, di gratitudine, di scuse e di costruzione … E’ stato anche ricevere, cara Bianca, un’eredità spirituale di una donna che ha marcato il lavoro sociale di Torino.

Lavinia Sommaruga, 31 maggio 2013 – rivisto estate 2017

Chiesa cattolica svizzera

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