«Mamma, ho paura di un attentato!»

La barbaria terrorista ha colpito, ancora. La lunga litania delle città europee colpite si allunga : Nizza, Parigi, Bruxelles, Londra… centri urbani devastati dall’irruzione di un dolore che sembrava sempre (troppo) lontano. E mentre in questi momenti ci si concentra sulla ricerca dei superstiti e sulle indagini, dobbiamo fare il conto con una seconda schiera di vittime coinvolte. È il popolo dei bambini e dei ragazzini. A Manchester la follia omicida ha raggiunto un apice imprevedibile  le mossa scelta è stata sferrata con la peggiore ed orribile premeditazione. Vicino all’uscita, con una bomba carica di chiodi e bulloni, ad un concerto per bambini e adolescenti.

I colpiti sono proprio loro, non solamente i presenti al concerto, ma anche tutti quelli che sono stati raggiunti da questa notizia. Lo sappiamo, i bambini e i ragazzi ormai hanno accesso a tutte le notizie. Dell’attentato – o meglio, della lunga schiera degli attentati – loro sono informatissimi. Le loro piccole dita scorrono sui tablet più rapide delle nostre, le loro orecchie ascoltano con arguzia le notizie in televisione (che, per 24 ore interrottamente, presenta la cronaca nera mondiale). I loro occhi vedono le riviste e i giornali che mostrano, in tutta la loro crudezza, le immagini dei feriti e dei morti. C’era un volta… l’uomo nero, c’era una volta la paura di qualcosa di fantasioso. Ora, la paura che attraversa il cuore dei più piccoli non è più fantasia, è reale.

E nell’ultima carneficina il pugnale è andato dritto al cuore : sono stati uccisi dei loro coetanei in un momento di svago. Una doppia strage di innocenti. È vero, non sono mai mancate, nel corso della storia, violenze e guerre che hanno coinvolto infanti e giovani. Ma il dramma che descriviamo è quello che coinvolge il cuore di questi piccoli, che non hanno ancora le difese per proteggersi e i filtri per gestire il flusso della cronaca nera. Cosa fare quindi? Lasciamoli esprimere. Lasciamo che possano dire il disagio interiore, il dolore della paura, la minaccia del futuro. Davanti a queste notizie non è concesso rinchiudere le proprie emozioni : non possono, non riescono. I « soccorritori » di fronte a questo terrorismo psicologico infantile siamo noi, geniitori, educatori, parenti ed amici. Permettiamo di liberare la propria mente dal male che viene loro imposto. Magari mentre disegnano, mentre guardano un’immagine o mentre giocano. In questi giorni non mancheranno le occasioni perché loro stessi esprimano la reazione a quanto avvenuto.

A noi il compito di rassicurarli, di dire loro la nostra vicinanza aiutando a capire che si tratta di un eccezione, non di normalità. E, per una volta, prendiamoci il diritto di chiamarlo con il proprio nome. È un male.
No, bambini, ragazzi. La normalità non è questa sequenza di odio, non è lo spargimento di sangue, non è rimanere senza genitori o senza figli. Noi abbiamo bisogno di guardare al futuro con speranza. « Loro », i cattivi, Vogliono togliere tutto ai bambini e ragazzi, privandoli del futuro. « Noi » dobbiamo accogliere il racconto di bimbi e giovani dando comprensione e sicurezza, mostrando la normalità oltre questi tragici eventi : una semplice ricetta che non debellerà il terrorismo, ma aiuterà qualche cuore in più a vivere sereno e a crescere con il desiderio di fare il bene. Ne abbiamo bisogno!

Chiesa cattolica svizzera

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