In memoria del cardinale Vlk- Difensore dei valori cristiani dell’Europa

2017-04-26 L’Osservatore Romano
Di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal cardinale prefetto emerito della Congregazione per i vescovi.

A poco più di un mese dal passaggio da questa terra all’eternità del cardinale Miloslav Vlk, dopo una dolorosa malattia da lui sopportata con grande fiducia in Dio, siamo qui a ricordarlo in questa basilica di cui egli è stato titolare.

Lo vogliamo ricordare con la gratitudine e l’apprezzamento che si devono a un grande testimone della fede in momenti di dura persecuzione della Chiesa. La Cecoslovacchia — allora le due nazioni erano unite in un solo stato — è stata il paese in cui il comunismo sovietico fu più duro e rigoroso, cercando di eliminare ogni manifestazione religiosa e di sradicare Dio dai cuori umani. La lotta contro il cristianesimo fu grande e abilmente organizzata. Basta al riguardo ricordare quanto il cardinale Korec ha scritto nel suo volume La notte dei barbari.

Il cardinale Vlk ebbe una fanciullezza disagiata, ma fin dai primi anni ricevette un’educazione profondamente cattolica. La sua grande aspirazione di diventare sacerdote si scontrò con una capillare persecuzione contro la Chiesa, per cui, dopo aver lavorato nei campi passò a essere operaio in una fabbrica di automobili; interruppe questo lavoro per la chiamata al servizio militare. Il desiderio di diventare sacerdote lo portò a utilizzare tutti i momenti liberi per studiare.

Finalmente nel 1964 riuscì a frequentare la facoltà di teologia dei Santi Cirillo e Metodio, che di fatto era un seminario sotto il controllo statale. In questo contesto il giovane Miloslav Vlk ebbe occasione di incontrare il movimento dei Focolari, che per lui fu di grande sostegno umano, morale e spirituale. Fra l’altro i focolarini gli procuravano libri da leggere, che per lui erano molto utili e che lo aiutarono a maturare la propria spiritualità, caratterizzata dall’imitazione di Gesù abbandonato sulla Croce. «Come Cristo si sentì abbandonato, ma continuò a portare la sua croce — spiegherà quando era cardinale — così io continuai a portare la mia croce negli anni bui e duri della mia vita».

Nel 1968, durante la primavera di Praga, fu ordinato sacerdote. L’idea e il desiderio di diventare sacerdote erano nati in lui quando aveva 11 anni. Le difficoltà incontrate non lo avevano scoraggiato, ma soltanto irrobustito nella sua vocazione, anche se ritardarono il raggiungimento della meta del sacerdozio fino all’età di 36 anni.

Come è noto, quella primavera durò ben poco per l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe sovietiche, che soppressero il governo di Dubček. Il reverendo sacerdote Miloslav Vlk incominciò a essere malvisto dalle autorità comuniste per la troppa influenza che esercitava sui giovani. Fu confinato in un paesino lontano dalla città, ma anche in quella zona sperduta nella campagna, fu dal regime giudicato pericoloso. Gli fu ingiunta l’assoluta proibizione di esercitare il ministero sacerdotale. Dovette pertanto ritornare al lavoro, che fu quello di lavavetri nella città di Praga, dove contemporaneamente in forma clandestina esercitò il ministero sacerdotale, confessando e celebrando la messa di nascosto in casa di amici.

In quel periodo entrò nella prima comunità del movimento dei Focolari in Cecoslovacchia, figurando esternamente come laico, anche se tutti ne intuivano lo spirito sacerdotale. La spiritualità focolarina lo ispirerà parecchi anni dopo anche nella scelta del motto episcopale: Ut omnes unum sint. Parole che sono di Cristo, ma che rispecchiano un orientamento centrale del movimento fondato da Chiara Lubich.

Finalmente in Cecoslovacchia nel 1989, senza spargimento di sangue e con eventi in rapidissima successione, arrivò la grande svolta storica e con essa anche la libertà.

La figura di don Miloslav Vlk poté così emergere alla luce del sole con le sue doti umane e sacerdotali, illuminate da una fede intrepida e da una tenace fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Nel 1990 fu nominato vescovo della diocesi di České Budĕjovice, vacante da 18 anni, e nell’anno seguente, 1991, fu dal Papa nominato arcivescovo di Praga, succedendo al cardinale Tomášek, noto come la «vecchia quercia», che aveva saputo resistere a tutte le intemperie degli anni del regime comunista.

Dopo la divisione della Cecoslovacchia e la nascita della Repubblica ceca e della Repubblica slovacca, l’arcivescovo Vlk fu eletto presidente della Conferenza episcopale ceca e nel 1993 fu eletto presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee; incarico che svolse con dedizione, difendendo i valori cristiani e le radici cristiane dell’Europa.

Nel concistoro del 1994 fu dal Papa Giovanni Paolo ii creato cardinale e titolare di questa basilica.

Così le strade di Praga che per otto anni lo avevano visto passare come lavavetri, pochi anni dopo lo videro passare come arcivescovo e cardinale. Nel 1995 lo poterono ammirare a fianco del Papa Giovanni Paolo ii. Quanti lo avevano guardato con simpatia umana come lavavetri, lo apprezzarono negli anni seguenti come pastore zelante e generoso, impegnato in un autentico rinnovamento spirituale ed ecclesiale, nell’assillo di indicare a tutti la via che porta al cielo. La forza della fede, che lo sostenne negli anni difficili, divenne incontenibile ansia pastorale e desiderio di rendere vivo il Vangelo nella società e di fare del bene a tutti.

Questa sera siamo qui numerosi non solo per accogliere la grande lezione che ci viene dalla sua vita, ma soprattutto per pregare per lui, confortati dalla fiducia che il cardinale Vlk è ora immerso nell’immensità dell’amore di Dio. Ci sono di aiuto le affermazioni che sono risuonate nella prima lettura della messa: «Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore». Queste solenni parole collocano l’evento della morte in una prospettiva di fede. L’intera vita umana è racchiusa nel mistero di Dio, che è mistero di amore: Cristo ci ha amati fino a donarsi per noi sulla Croce. E nella certezza che Dio ci ama sta la radice e il fondamento della nostra speranza e del nostro coraggio nel saper andare avanti anche nei momenti difficili, come seppe farlo il cardinale Vlk.

Nel Vangelo poi Cristo ci ha detto: «Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me anche se morto vivrà e chi vive e crede in me non morirà in eterno». I nostri giorni su questa terra non sono una corsa verso il nulla: noi abbiamo un destino di eternità. La morte non è la fine: è l’inizio della realtà più vera e più importante. Dopo la morte c’è una vita senza tramonto nelle felicità con Dio e con le persone buone conosciute su questa terra. La morte infatti è l’incontro più alto e più importante: l’incontro con Dio. Incontro con quel Dio nel quale il cardinale Vlk ha creduto e sperato e che ha testimoniato con un coraggio e una coerenza, che rimangono per noi un esempio e un monito. La lezione della sua vita non deve cadere nell’oblio. Il cardinale Miloslav Vlk resterà nella storia della Chiesa e dei popoli slavi fra le figure luminose che con la forza della loro fede hanno testimoniato piena fedeltà a Cristo in tempi e in situazioni difficili. La sua memoria rimanga in benedizione.

di Giovanni Battista Re

Chiesa cattolica svizzera

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