Sulla scoperta di sette pianeti simili alla Terra. La birra e il telescopio

«Credete che ci sia vita in qualche altra parte dell’universo?». È una domanda che agli astronomi viene posta in continuazione. Ed è la domanda giusta: la vita nell’universo è, finora, una questione di fede. Non abbiamo dati a indicare che una tale vita esista. Ma la nostra fiducia nel fatto che la vita esiste è abbastanza forte da renderci disponibili a fare lo sforzo di cercarla.

Con l’annuncio, mercoledì 22, della scoperta di sette pianeti paragonabili alla Terra che orbitano intorno alla stella Trappist-1, la nostra fiducia in queste ricerche è diventata appena un po’ più forte. Almeno tre di loro potrebbero avere la giusta temperatura per supportare l’acqua liquida e quindi la possibilità che ci sia vita così come la conosciamo.

La ricerca costante di pianeti attorno a piccole stelle relativamente fredde nel nostro vicinato galattico prossimo fa uso di un paio di telescopi robotici chiamati Trappist, acronimo di Transiting Planets And Planetesimals Small Telescope. Trappist South, dal quale sono state fatte le osservazioni descritte qui, si trova nel deserto cileno in un osservatorio a La Silla, gestito dall’Osservatorio Europeo Australe; la sua controparte, Trappist North, si trova fuori Marrakech, in Marocco. La stella Trappist-1 porta il nome del telescopio che l’ha resa famosa.
Mentre la maggior parte della stampa popolare si è eccitata di più per la possibilità che su quei pianeti possa esserci la vita, io vedo nella scoperta un significato più grande.

È importante ricordare che nessuno ha davvero visto questi pianeti. Sono troppo piccoli e troppo indistinti per essere visibili dalla generazione attuale di telescopi. Ma anche se non riusciamo a vederli, crediamo che esistano per via degli effetti che possiamo vedere che hanno sulla loro stella. Questo sistema planetario è di fatto allineato in modo tale che, quando ogni pianeta orbita attorno alla stella, passa tra la stella e noi; quindi, la luce della stella viene leggermente offuscata al passaggio del pianeta. Questo tipo di effetto, per quanto lieve, può essere rilevato anche con un telescopio piccolo. I telescopi Trappist usano specchi molto modesti larghi 0,6 metri per catturare la luce tremolante delle stelle.

Poiché ci sono tante altre cose che potrebbero offuscare una stella, occorre continuare a osservare per capire se l’effetto si ripete su base regolare ogni volta che il pianeta completa un’orbita. Questa è una delle ragioni per cui il team ha deciso di concentrare la sua ricerca sulle stelle rosse, offuscate. Un pianeta orbiterebbe abbastanza vicino a una stella simile al fine di essere sufficientemente caldo per supportare la vita. I pianeti vicini orbitano più velocemente; pertanto, abbiamo molte più possibilità di vederli offuscare la luce della stella, e ogni volta che vediamo questo offuscamento siamo più certi che il pianeta (o in questo caso i pianeti) esiste davvero. Per di più, con sette pianeti occorrono molte osservazioni per suddividere il ritmo degli offuscamenti in sette periodi regolari. Questa scoperta, dunque, non è giunta in un unico momento di rivelazione, bensì dopo anni di pazienti osservazioni.

Per aumentare ulteriormente la nostra fiducia nel fatto che si tratti davvero di pianeti, gli scienziati hanno cercato altri effetti che questi pianeti potevano avere sulla stella, come un sottile spostamento dei suoi colori spettrali. I leggeri tremolii visti con un piccolo telescopio hanno portato a uno sforzo internazionale che ha coinvolto alcuni degli strumenti più grandi e sofisticati di cui disponiamo. Accanto al telescopio Trappist South, gli astronomi hanno utilizzato dati provenienti dal telescopio spaziale Spitzer della Nasa (che osserva nella luce infrarossa che questa stella irradia in modo prevalente) e dal Vlt (Very Large Telescope) dell’Osservatorio Europeo Australe a Paranal, in Cile, il cui specchio ha un’ampiezza di oltre otto metri.

Nessun astronomo avrebbe potuto fare tutte le osservazioni necessarie per confermare il risultato. La scienza viene fatta da una comunità di persone che lavorano insieme per un obiettivo comune. L’Osservatorio Europeo Astrale è, da solo, un consorzio di astronomi sostenuto da quindici nazioni Europee, più il Brasile.

L’astronomia non è stelle o pianeti, bensì l’attività delle persone che guardano queste stelle e pianeti. A motivare il lavoro è la curiosità umana, il desiderio di nutrire l’animo umano. Il desiderio umano di sapere in che modo ci inseriamo in questo universo e se ci sono altri luoghi o perfino altri esseri come noi stimola la nostra immaginazione e ci fa guardare con pazienza, notte dopo notte. Questa passione alimenta la fede degli astronomi, dando loro la necessaria speranza che le lunghe notti di osservazione rechino frutto.

Naturalmente, insieme alla passione e alla fede, gli scienziati sono mossi anche da altri appetiti… e dal senso dell’umorismo. Gli astronomi belgi che hanno costruito i telescopi Trappist ammettono di aver scelto il nome per rendere omaggio alle famose birre prodotte dai trappisti belgi.

(Osservatore Romano)

Chiesa cattolica svizzera

https://www.catt.ch/newsi/sulla-scoperta-sette-pianeti-simili-alla-terra-la-birra-telescopio/