di Davide De Lorenzi
La maggior parte dei cattolici americani ha votato per Donald Trump. Molti cattolici in Europa avrebbero votato per lui. In questi giorni da quotidiani o social media cattolici, anche alle nostre latitudini, si levano applausi e voci compiaciute, ad esempio per le citazioni bibliche dell’Inauguration day – cosa per altro abituale per un presidente americano, niente di nuovo.
Da dove viene questa simpatia, per usare un eufemismo? Trump si è posto su chiare posizioni antiabortiste: l’opposto di Obama. I difensori dei cosiddetti «valori non negoziabili» scontenti delle svolte in atto nella Chiesa, ritrovano certamente nel neopresidente un campione della battaglia «pro life». Non avendo capito o mal digerito la posizione di papa Francesco (la morale e le regole non cambiano di una virgola ma cambia l’approccio verso la persona e il suo cammino di crescita) trovano in Trump, un leader capace di ridare slancio e vigore alle battaglie morali (quasi una specie di antipapa laico?)
Ma sorge una domanda: può il fatto di essere «pro life» mettere in secondo piano il resto? Anzi, il centro, cioè il Vangelo? Il cui messaggio non è solo la difesa della vita, ma innanzitutto un messaggio d’amore e fratellanza, che si poggia sulla dignità di ogni uomo e di ogni donna, sulla giustizia, sull’accoglienza del povero, del misero, dell’emarginato, del migrante. Papa Francesco scrivendo un messaggio augurale per l’elezione, chiede a Trump proprio quello che non ha mai desiderato: «possa la statura dell’America continuare a misurarsi soprattutto per la sua preoccupazione per i poveri, gli esclusi e i bisognosi che come Lazzaro attendono di fronte alla nostra porta.» Una bordata non da poco, quella fatta a un miliardario neo presidente, buttar là l’accenno – in cauda venenum – a Lazzaro e quindi al «ricco epulone»…
In una recente intervista Papa Francesco invita a «mantenere la calma», sia nel giudizio su Trump, sia in generale di fronte alle sfide e ai problemi contemporanei. Parlando della crisi del 1933 in cui la Germania si affidò nelle mani di Hitler, il papa dà un’interessante lettura valida anche di fronte agli attuali «populismi»: «nei momenti di crisi non funziona il discernimento… Cerchiamo un salvatore che ci restituisca l’identità e ci difendiamo con muri, con fili di ferro, con qualunque cosa, dagli altri popoli che ci potrebbero togliere l’identità. Questo è molto grave.» (Intervista a El Pais del 20 gennaio 2017)
Avranno le nostre democrazie le risorse per non perdere la capacità di discernimento? Staremo a vedere… Intanto Trump ha affermato di aver finalmente portato il popolo al governo, al posto dell’establishment: i suoi elettori ne sono convinti. Guardando al nuovo gabinetto USA che comprende un gran numero di superricchi e imprenditori, può sorgere qualche dubbio… Trump e gli altri «paperoni» messi insieme possiedono circa lo stesso patrimonio del terzo meno abbiente della popolazione degli Stati Uniti (120 milioni di persone): forse intendeva questo dicendo che il popolo è nel governo?
Intanto chi per anni si è gongolato nell’infallibilità papale comincia a sperare in quella trumpiana.
Chiesa cattolica svizzera