Il card. Müller a Radio Vaticana: vi racconto Francesco e Benedetto XVI

«Benedetto e Francesco. Successori di Pietro al servizio della Chiesa». E’ il titolo del libro del cardinale Gerhard Ludwig Müller, edito dalle edizioni Ares, in questi giorni nelle librerie. Il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede si sofferma in particolare sulle figure dei due Pontefici, sulla riforma della Curia Romana e ancora sull’opera teologica di Joseph Ratzinger e sulla «Chiesa povera e per i poveri» di Papa Francesco. Sui temi del libro, il cardinale Gerhard Ludwig Müller ha rilasciato un’intervista esclusiva alla Radio Vaticana, realizzata da Alessandro Gisotti:

R. – Tutti e due sono Successori di San Pietro! E questo è molto importante vederlo proprio secondo la nostra teologia: il Papa non è direttamente il successore del Papa precedente, ma ogni Papa è il Successore di San Pietro e rappresenta quindi questo grande compito che Gesù Cristo ha dato. Per questo ogni Papa, nella sua persona, è istruito da Gesù Cristo stesso.

D. – Secondo lei, quale impulso ha dato Benedetto XVI alla nostra fede in Cristo? Per cosa si è caratterizzato soprattutto il suo Pontificato?

R. – Papa Benedetto ha scritto questo libro su Gesù di Nazareth e – come noi sappiamo – questa era la confessione, era la professione della fede di San Pietro. Tanta gente diceva che Gesù era un profeta. Pietro, nella persona della Chiesa, grazie a una rivelazione del Padre Celeste, ha detto: «Tu sei il Cristo, il Messia». E questo è il nucleo della missione petrina! Questo libro non è soltanto un lavoro privato: ogni professore ha scritto su diversi temi della teologia, della filosofia… Questo è quasi il nucleo del Primato, poiché abbiamo bisogno di un Primato solo per questo, per unire tutti i fedeli nella stessa fede. La fede non è una somma di convinzioni, di idee, ma è il centro della fede: è la persona di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo.

D. – Uno dei capitoli del libro è dedicato alla «Chiesa povera e per i poveri», all’opzione preferenziale per i poveri. Perché questo tema, che Papa Francesco ha introdotto nel suo Pontificato, da subito ha colpito e continua a colpire tanto, anche i non cattolici?

R. – Questa espressione «opzione preferenziale per i poveri» non è unica, ma preferenziale per i poveri e per i giovani, come si dice originalmente: questa espressione ha le sue radici nel Concilio Vaticano II, nella Gaudium et Spes e anche nella Dottrina Sociale della Chiesa. Non è certo caduta come una stella dal cielo, ma viene dal nucleo, dal centro della missione della Chiesa. Certo, i vescovi, i sacerdoti, i laici dell’America Latina hanno questa preferenza, perché questi temi sono urgenti, più urgenti che nei nostri Paesi europei o in America. Papa Francesco sempre dice: «Ciò che noi – la Chiesa – possiamo dare ai poveri è soprattutto il Vangelo», questa notizia nuova, che Gesù è morto e risuscitato per tutti gli uomini. Di conseguenza noi dobbiamo anche occuparci della promozione integrale e dello sviluppo di tutti gli uomini: tutti hanno il diritto fondamentale di partecipare ai i beni materiali, culturali, sociali dell’umanità. Papa Francesco ci ha aperto nuovamente a questo, facendocelo vedere direttamente e concretamente. Questa è la grande sfida che esiste nel mondo intero. Per questo penso che Papa Francesco abbia una grande reputazione e dà un grande slancio, un grande impulso non solo alla Chiesa, ma anche all’umanità. Questa è la sua importanza e il suo ruolo nel mondo di oggi.

D. – L’ultimo capitolo del libro offre un intervento sui criteri teologici per la riforma della Chiesa e della Curia Romana. Come si colloca, in tale contesto di questo suo intervento, il processo di riforma impresso da Papa Francesco, fin dall’inizio del suo Pontificato?

R. – Tutti parlano da tanto tempo di una riforma della Curia Romana o della Chiesa, ma è necessario distinguere una riforma di un ente umano: qui si tratta della Chiesa e la Chiesa è fondata da Gesù Cristo e quindi un’opera, un opus di Dio. E noi non siamo in grado di riformare la Chiesa, come fosse quasi un oggetto nelle nostre mani. Quando si parla della Curia Romana si deve vedere prima di tutto cosa sia. La Curia Romana non è un apparato burocratico che amministra la Chiesa; questo è un pensiero troppo mondano! Si tratta prima di tutto di una riforma spirituale dove la spiritualità spinge e motiva tutti i partecipanti al lavoro della Curia Romana. La riforma della Curia: tanta gente, i giornalisti parlano soprattutto sulla riforma nel senso di una nuova organizzazione esteriore ma questo è di importanza secondaria. La riforma più importante è quella dello spirito in quanto spirito di servizio, spirito di accoglienza. In questo senso abbiamo bisogno di una riforma della Curia. Il Papa stesso ha parlato non solo della riforma della Curia ma anche della riforma di tutta la Chiesa, di tutti gli ordinariati, vicariati, delle diverse diocesi… È importante che ci sia un nuovo spirito non solo nella burocrazia e nell’amministrazione. I partecipanti alla Curia come si ritengono? Si ritengono impiegati di un’organizzazione o sono i rappresentanti della Chiesa che è il Corpo di Cristo, il tempio dello Spirito Santo, il Popolo di Dio? Il Santo Padre ha sottolineato l’importanza dell’esercizio per tutta la Curia Romana, per una singola Congregazione. La preghiera, l’unione con Dio con Gesù Cristo è la fonte della quale proviene il nostro spirito.

D. – Quali sono i doni più grandi che le hanno dato e che in realtà continuano a dare Papa Francesco e Papa Benedetto XVI?

R. – Tutti noi sappiamo che Papa Benedetto è un teologo di livello straordinario, eccezionale, ma non è solo un teologo, non possiamo cadere in questo cliché. Non è stato solo «un professore tedesco»! Ha tanta esperienza nella pastorale, ha scritto tanti libri sulla spiritualità, sulle grandi sfide della vita moderna, ha scritto, ha predicato e dato spiegazioni di altissimo livello anche intellettuale e questo vuol dire che il cristianesimo ha una propria intellettualità. Noi siamo capaci di dare risposte a tutte le domande che esistono a livello del Logos, non siamo una religione di sentimenti, di superficialità, ma la fede entra direttamente in tutte le questioni esistenziali dell’uomo. Papa Francesco viene dal proprio contesto, l’America Latina, una grande regione di fede cattolica da 500 anni con una grande maggioranza di fedeli cattolici. È bene far entrare questa dimensione culturale nel cattolicesimo universale, per superare un po’ l’eurocentrismo… In questo mondo della globalizzazione, dell’universalità, è un buon segno e noi possiamo interpretarlo come un segno dello Spirito Santo il fatto che i Papi non provengano solo dall’Europa o da alcuni Paesi europei. La nazionalità non è un ostacolo a diventare un candidato per il Papato… Lo Spirito Santo è libero di scegliere attraverso i cardinali!

(Da Radio Vaticana)

Chiesa cattolica svizzera

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