Meeting di Rimini: mons. Zuppi (Bologna), «La misericordia è un collirio che permette di vedere la realtà perché libera dalla paura»

«Senza il tu restiamo prigionieri nell’io perché la solitudine è sempre la grande minaccia di individualizzazione. Solo nella relazione l’io trova sé stesso». Così l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, questa mattina al Meeting di Rimini è intervenuto sul tema «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. La chiesa italiana dopo il convegno di Firenze». Riferendosi al tema del Meeting, «Tu sei un bene», il presule ha sottolineato come «guardando con questi occhi, anche un profugo sarà il mio bene, altrimenti sarà soltanto un nemico o uno da cui proteggersi. È la Misericordia a far rivelare quello che l’altro è, cioè il mio prossimo. La misericordia è come un collirio che permette di vedere la realtà perché libera dalla paura, e non in maniera teorica». Il titolo del Meeting per il presule «è un po’ la traduzione pratica della prospettiva di Firenze. Tu sei il mio bene, non la pagliuzza, non un problema, non uno a cui debbo fare esame». Rifacendosi a Papa Benedetto XVI, che aveva indicato «una strada di rinnovamento, di lotta alla sporcizia, superbia e autosufficienza degli uomini di chiesa», invitando «a partire dall’esperienza del deserto per riscoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale», Zuppi ha continuato: «Se mettete al posto della parola deserto, la parola periferie è esattamente quello che papa Francesco ci sta chiedendo con insistenza di fare da tre anni». Zuppi riprende le parole del Pontefice quando parla di «Chiesa in uscita, «perché senza uscire anche il viaggio diventa virtuale. E’ una delle priorità di Francesco e sulla quale torna spesso proprio per le resistenze a farlo. Dobbiamo metterci in viaggio». Uscire, e poi cosa succede? I cristiani devono prepararsi ancora? «Qualche volta la Chiesa ha la fissazione della formazione. Io credo alla formazione, ma la vera formazione è quella che si fa per strada. Io imparo a formarmi solo se c’è un perché, se so perché devo farlo. I cristiani da laboratorio non hanno mai creato nessuno. Possiamo avere una formazione spettacolare ma poi ci vuole la passione, solo la passione è generativa». «Dobbiamo essere inquieti – è stata la conclusione di Zuppi -. Molte volte lo siamo per il nostro benessere perché ci manca qualcosa. Invece lo dobbiamo essere per cercare risposte nuove e migliori. L’inquieto non si accontenta, lascia l’impronta. L’amore ha fretta, l’indifferenza mai perché è sospettosa, ti consiglia di lasciare perdere, di non immischiarti».

(AgenSIR)

Chiesa cattolica svizzera

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