Internazionale

Youssef Absi, il nuovo Patriarca melchita. Uomo della «svolta pastorale»?

La Chiesa cattolica greco-melchita ha un nuovo patriarca: si chiama Youssef Absi, è siriano, ha appena compiuto 71 anni, e la sua elezione potrebbe segnare l’avvio di una nuova stagione, nel cammino travagliato delle comunità cattolico-melchite sparse in Medio Oriente. Come patriarca, conserverà il suo nome sacerdotale (era stato battezzato col nome di Abdallah). Ha legami fraterni con le altre Chiese, e rapporti buoni coi capi musulmani e con le autorità politiche del suo Paese. La sua sensibilità pastorale lo porterà a prendere sul serio soprattutto le emergenze ecclesiali esplose anche nella sua Chiesa a causa dei conflitti e dei settarismi che da anni stravolgono la Siria e il Medio Oriente. Evitando eccessivi interventismi sul terreno politico, tenendosi alla larga da pose anti- islamiche e anti-occidentale (il nuovo patriarca ha la doppia nazionalità, siriana e statunitense).

Ai 29 vescovi presenti all’assemblea sinodale elettiva, radunati nella sede dell’antico seminario a Ain Traz (Libano), è bastato meno di un giorno e mezzo per far convergere il consenso qualificato (almeno due terzi dei votanti) sul suo nome. La proclamazione dell’elezione è avvenuta dopo che il nuovo Patriarca ha ricevuto la Ecclesiastica Communio da parte di Papa Francesco, secondo quanto previsto dal Codice di diritto canonico delle Chiese orientali.

 

L’elezione del nuovo Patriarca segue un lungo periodo di turbolenze e malessere in seno alla gerarchia greco-melchita, che hanno reso ancor più complicata la condizione di comunità ecclesiali alle prese con il grande caos mediorientale. Negli ultimi due anni la contrapposizione tra l’irruente patriarca Gregorio III Laham – oggi 85enne – e la maggioranza dei vescovi aveva prodotto la paralisi del Sinodo. Un anno fa, nel giugno 2016, lo scontro era culminato nel fallimento e rinvio di una assemblea sinodale, con almeno la metà dei vescovi allora presenti che chiedevano le dimissioni del Patriarca.

 

Nel mirino delle critiche c’era soprattutto la modalità autoritaria con cui Gregorio avrebbe esercitato il suo ruolo, insieme alla scarsa trasparenza nella destinazione di fondi ricevuti e raccolti in tutto il mondo a favore delle comunità travolte dai conflitti mediorientali. Tra gli effetti dello stallo, c’è anche la vacatio di molte diocesi greco-melchite rimaste senza vescovo, come l’Arcieparchia di Petra e Filadelfia, in Giordania.

 

Lo scorso 6 maggio, Papa Francesco aveva fatto pubblicare la lettera in cui comunicava a Gregorio III di aver accolto la rinuncia all’incarico patriarcale, che il Patriarca gli aveva precedentemente consegnato nel corso di un’udienza. Il Papa stesso presentava tale decisione come opportuna e necessaria «per il bene della Chiesa greco-melchita». La rapida scelta di Youssef Absi come nuovo Patriarca suggerisce su cosa puntano i vescovi melchiti per uscire dalla palude. Come vicario patriarcale di Damasco, Absi conosce bene i motivi profondi del malessere diffuso e i problemi anche gestionali che hanno segnato gli ultimi anni del Patriarcato.

 

Il tratto umano dialogante e riflessivo appare lontano dal protagonismo irruente del suo predecessore. Appartenente alla Società dei missionari di San Paolo (Padri Paolisti) sorta nel Novecento per animare predicazione e missioni popolari tra i fedeli arabi, dopo la sua formazione nel seminario di Gap (Francia), è stato ordinato sacerdote dal Patriarca Maximos V il 6 maggio 1973. Poi è stato eletto Superiore Generale dei Padri Paolisti il 13 luglio 1999, ma non ha finito il suo mandato, essendo stato eletto Ausiliare Patriarcale (Vescovo di Curia) ed Arcivescovo titolare di Tarso dal Sinodo greco-melkita cattolico il 22 giugno 2001. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 2 settembre 2001 dal Patriarca Gregorios III, il quale poi l’ha nominato Vicario Patriarcale a Damasco il 13 ottobre 2006.

 

Le sue omelie domenicali, preparate con cura, sono profonde e semplici allo stesso tempo. Nel suo intervento al Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente (2010) non ebbe toni di lamento rispetto ai rapporti con l’islam, ma riservò le sue considerazioni critiche alla «concorrenza» tra le Chiese orientali cattoliche e all’interno della stessa Chiesa, presentandole come «fonte di indebolimento e di una testimonianza falsa». «I cristiani d’Oriente», disse il nuovo patriarca melchita in quell’occasione, «sono tutti sulla stessa barca, e affrontano la stessa sorte. Non possono disinteressarsi gli uni degli altri».

22 Giugno 2017 | 08:00
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