Ticino e Grigionitaliano

XXXI Domenica del Tempo Ordinario: commento al Vangelo

Calendario romano: Marco 12,28b-34.

di Dante Balbo*

Questo è uno dei ricatti più pesanti che possiamo subire, fin dalla prima infanzia: con il ritornello che «lo si fa per il nostro bene», gli adulti decidono cosa mangiano i bambini, quando giocano, quando dormono, con chi stanno, ecc.
Il discorso sottinteso è doppiamente pericoloso, perché ribellarsi al «nostro bene» significa non voler bene a chi si prodiga per noi, oppure perdere il suo amore.
In questa situazione di inganno, fatto spesso in buona fede, ripetuto di generazione in generazione, giustificato dal nostro essere adulti e quindi responsabili del cammino dei nostri figli, si scrive la difficoltà di questa domenica, in cui don Willy Volonté ci invita a riflettere sulla parola di Dio che ci esorta a seguire i comandamenti del Signore. Sia nella Prima lettura, sia nel Vangelo, prima Mosè e poi Gesù dicono la stessa cosa: i comandi del Signore sono per la nostra felicità. Ecco, ci risiamo, sempre qualcuno che sa quale è il nostro bene, senza chiederlo a noi, senza considerarci, imponendoci cose difficili come amare i nostri nemici, porgere l’altra guancia, servire senza contraccambio e pretendendo che questo sia la pienezza della nostra gioia.
«Perché mai dovremmo fidarci?», si domanda don Willy. La misura di questa pretesa è la sostanza di Dio, manifestata nella vita dell’uomo Gesù, che non ha chiesto a noi di fare quello che non ha fatto lui, che ha continuamente detto e mostrato chi è il Padre, nel suo rapporto con Lui, nella fiducia fino al dono totale, nella gioia del dono come cifra di ogni relazione autentica. Lo ha capito bene l’apostolo Giovanni, che non ha parlato d’altro, né nel suo Vangelo, né nelle sue lettere. Per i musulmani Dio ha 99 nomi, nel tentativo di definirne l’immensa maestà, la grazia e la misericordia, mentre Giovanni li riassume tutti in uno solo, il centesimo nome dell’altissimo, forse in verità il primo: Amore.

*Dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube


Calendario ambrosiano:  Luca 14,1a.15-24.

Confesso qualche disagio di fronte alla parabola. Mi spiego: letta nella sua primitiva cornice storica è una trasparente ricostruzione dei tormentati rapporti tra il popolo d’Israele e il suo Dio, rapporti segnati dal rifiuto di una parte del popolo di accogliere l’appello di Dio rivolto prima attraverso i suoi inviati e poi attraverso il Figlio Gesù. Letta nel contesto della prima generazione cristiana la parabola riflette quindi i difficili rapporti tra la prima comunità cristiana e il mondo ebraico. Purtroppo questi difficili rapporti degli inizi continuarono e si accrebbero nel tempo fissandosi nell’accusa di «deicidio» rivolta al popolo ebraico. Una accusa che ha attraversato i secoli e che non è estranea al sorgere dell’antisemitismo. Bisognerà attendere il clima del Concilio, cinquant’anni fa, perché uno stile di dialogo caratterizzi i nostri rapporti verso il popolo ebreo. Dobbiamo riconoscerlo: c’è stato un antisemitismo, un disprezzo per il popolo ebraico, alimentato da questi pregiudizi. Oggi questa secolare vicenda dovrebbe essere definitivamente superata. Dovrebbe, perché non mancano rigurgiti di antisemitismo. Il card. Martini diceva che non basta non esser antisemiti: bisogna essere per il popolo d’Israele, per la sua storia, le sue tradizioni, il suo patrimonio spirituale. Possiamo leggere la parabola odierna come una parola rivolta ad ogni uomo di ogni tempo. Il banchetto è immagine trasparente della festosa comunione di vita che Dio prepara per tutta l’umanità. Certo, invitato è anzitutto Israele, ma sappiamo che ogni uomo, nessuno escluso, è oggetto della benevolenza del Padre che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia sui giusti e gli ingiusti. Ogni uomo e ogni donna è raggiunto dall’invito ad entrare nella lieta comunione con Dio. Di invito si tratta, rivolto alla nostra libertà. Rileggiamo la parabola come appello alla nostra libertà, come storia degli innumerevoli segni di amore di Dio per ognuna delle sue creature, storia della sua fedeltà, storia di una chiamata che non conosce esclusioni.

Don Giuseppe Grampa

31 Ottobre 2021 | 05:44
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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