XXX Domenica del Tempo Ordinario: il commento al Vangelo

Calendario romano: Mc 10, 46-52

Il rischio di ogni tempo è che ci si abitui al buio e lo si consideri il grado normale di luce per vedere il nostro mondo. Ogni candela ci sembra un sole e come falene ci precipitiamo su di essa, per bruciarci le ali e cercare subito un’altra sorgente di luce.
Il cieco del Vangelo di questa domenica invece riconosce la ferita profonda della luce perduta, grida senza sosta al Re che può risanarlo, non si lascia scoraggiare da coloro che non vogliono sentire la condizione del buio di tutti.
Il miracolo, dice don Willy Volonté commentando la pagina evangelica, è l’incontro di Gesù che guarda la persona, la chiama, la ascolta, la guarisce perché ha creduto in lei.

Stupisce la domanda di Gesù al cieco di Gerico, un uomo che urlava «abbi pietà di me», a cui chiede «Cosa vuoi che faccia per te?». È il modo del maestro di ascoltarlo, di non dare per scontata la sua domanda, di non decidere per lui. Ricorda la tenerezza di una madre che al figlio caduto che si è sbucciato le ginocchia, dice: «Cosa è successo, tesoro?».

Per chiedere questo miracolo che non riguarda solo i ciechi fisici, sono necessarie almeno due attitudini: riconoscere la propria cecità, il buio che ci circonda e ci impedisce di muoverci liberamente e gridare la nostra pena, il dolore di una luce smarrita, l’angoscia di una mancanza infinita e il senso di oppressione se ci viene rubato l’orizzonte senza limiti che conoscevamo ammirando il cielo. Come il cieco di Gerico che forse avrebbe potuto accontentarsi di guadagnare bene, nella città degli affari, piena di gente che faceva volentieri l’elemosina per sgravarsi la coscienza, non sopportiamo questa condizione e perseveriamo finché il Signore, che può liberarci, non venga in nostro aiuto. Allora potremo seguirlo in una avventura nuova, in cui l’orizzonte si spalanca veramente oltre ogni nostra immaginazione, dove il cielo che contempliamo sarà nostra patria.

Dante Balbo, dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube

Calendario ambrosiano: Mc 16, 14b-20

La pagina evangelica ci riserva due messaggi sorprendenti. Anzitutto il rimprovero di Gesù agli undici, per non aver creduto a quanti, in quelle ore, annunciavano la sua risurrezione. È davvero sorprendente nelle pagine evangeliche successive alla morte di Gesù la tenace resistenza degli Apostoli alle notizie di quanti dicono d’averlo visto, incontrato vivo. Eppure più volte Gesù aveva annunciato la sua morte e la sua risurrezione il terzo giorno. Ma i discepoli hanno cancellato dalla loro memoria la promessa della resurrezione: questa parola sembra non avere per loro alcun significato. Trovo questa reazione dei discepoli profondamente umana: quell’uomo per il quale avevano lasciato tutto per seguirlo era finito nelle mani dei suoi nemici che ne avevano fatto scempio inchiodandolo ad una croce. Ormai le loro speranze erano crollate. La dura, inesorabile evidenza della morte cancella ogni speranza. Dopo il rimprovero ci aspetteremmo una sorta di licenziamento: come il Signore potrà fidarsi ancora di uomini che non hanno prestato fede alle sue parole? E invece, dopo il rimprovero, il comando: «Andate in tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura».

Davvero sorprendente: l’evangelo, la buona notizia di una speranza che vince l’inesorabile tragedia della morte, è affidato proprio a questi uomini così poco affidabili da esser oggetto di rimprovero. Così la durezza del rimprovero è cancellata dalla rinnovata fiducia del Signore.


Da allora fino ad oggi la parola dell’Evangelo viene incessantemente affidata alla nostra incredulità. Come se il Signore dicesse: «Io conosco la tua fatica a credere, so che il tuo cuore può chiudersi ad ogni speranza, vinto dalla durezza della vita e dal silenzio della morte, ma la parola che ti affido è più grande del tuo cuore incerto. Non dovrai dire parole tue, parole incerte come incerta è la tua fede. Và, io sono con te, sostengo io la tua incredulità. Non aver paura: lampada ai tuoi passi la mia parola».

Don Giuseppe Grampa

24 Ottobre 2021 | 05:47
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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