Commento

XIX Domenica del Tempo ordinario. Commento al Vangelo

Calendario romano: Luca 12, 32-48

Il giusto tesoro a cui legare il cuore

Questo brano del Vangelo è di speranza, un messaggio positivo, non temere, non avere paura. Una buona notizia, un Vangelo che va custodito, curato, sottoposto a mille attenzioni. Un tesoro. Un tesoro a cui si attacca il cuore. C’è un personaggio letterario della saga di Tolkien «Il Signore degli anelli» che parla sempre del suo Tessssoro, proprio con la «s» sibilante resa molto bene al cinema dal regista Peter Jakson. Si tratta di Gollum così preso da questo anello maledetto che si consuma nel suo possesso. Non c’è nulla di più importante, non c’è nulla di altro che attiri la sua attenzione e il suo cuore, appunto. Un personaggio che il libro racconta essere stato originariamente un hobbit, come gli altri protagonisti del romanzo, ma che la sua brama, la sua avidità il suo rapporto così morboso con questo tessssoro da possedere lo ha imbruttito dentro e fuori (ora è un mostro).

Là dove è il tuo tesoro sarà il tuo cuore. Qual’è il nostro tesoro, dov’è il nostro tesoro? Abbiamo già ascoltato la scorsa domenica un Vangelo che metteva in guardia dalla ricerca del possesso e dall’accumulo mortifero di beni. Niente tra i beni della terra è pensato per essere accumulato, rinchiuso, ma tutto è sognato da Dio come qualcosa da condividere, da amministrare (come nella parabola di oggi) con saggezza perché sia distribuito a ciascuno a tempo debito. Solo così ci si può salvare dalla schiavitù, dall’imbruttimento, dalla morte simile al Gollum di Tolkien che tocca chiunque non riesce ad aprirsi alla condivisione. Il Regno di Dio non è questione di cose materiali, ma di relazioni nuove e di una semplicità che rendono l’uomo davvero libero, anche se privo di tutto materialmente. Gesù propone ai suoi la conversione dall’accumulare per sé, al donare e condividere con gli altri, vedendo l’elemosina non come una forma di impoverimento personale, magari vissuto in modo eroico e solo come sacrificio fine a se stesso, ma proprio come strada di arricchimento e liberazione. I beni non si possiedono, al massimo si amministrano, essi sono di Dio e servono per la vita di tutti, non per «percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi». Questa non è vita, non è nemmeno godere dei beni ma un eccesso che porta solo alla morte, un tradimento dell’alleanza. Il brano si conclude con la vera risposta alla domanda di Pietro: «dici per noi o anche per tutti?». Una risposta esigente, che ci mette in prima linea a vivere seriamente il Vangelo: siamo tra quelli che conoscono la volontà del Signore, non troviamoci a disporre e agire contro di essa. Scegliamo il tesoro giusto a cui legare il nostro cuore, il nostro volto non sia quello mostruoso di Gollum ma risplenda su di noi il volto di Cristo risorto.

Don Marco Notari

Calendario ambrosiano: Matteo 22, 41-46

Da Dio all’uomo guidati dall’amore
Il brano evangelico odierno è strettamente collegato a quello di settimana scorsa, cioè all’incontro di due amori: di Dio e del prossimo (Mt. 22, 35-40). I Giudei interrogano Gesù su questo argomento fondamentale: per trovare Dio occorre allontanarsi dagli uomini? E chi finalmente ha trovato Dio, può ritornare verso gli uomini, interessarsi di loro e vivere con loro? Gesù dà una risposta chiara ed essenziale: il primo comandamento è di amare Dio, il secondo gli è simile, è di amare gli uomini.

L’incontro vero con Dio-Amore non porta all’esclusione dell’uomo, anzi esso rinnova e perfeziona l’attenzione e la sollecitudine amorosa verso gli uomini. L’attenzione a Dio e l’attenzione all’uomo non sono facilmente separabili. Perciò il coltivare la vita interiore contemplativa, pur essendo un valore cristiano permanente, non ci allontana dall’uomo, ma ce lo fa incontrare inevitabilmente, poiché egli è creato di Dio, da lui amato e salvato in Cristo.

E come ricordava Papa Francesco, «Dio ci dimostra come si possa amare con tutto il cuore e ci esprime al tempo stesso quella umanità che, qualche volta, dimentichiamo di avere. La sua misericordia nei confronti della vita umana è il vero volto dell’amore». Pertanto «dobbiamo essere capaci di avere compassione. Se davanti a una persona che ci chiede aiuto, noi di compassione non ne abbiamo ed il nostro cuore non si commuove, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Stiamo attenti: non ci lasciamo trascinare dall’insensibilità egoistica. Agiamo sempre secondo un modello cristiano».

Questo comandamento dell’amore, Gesù lo proclama ai Giudei che lo odiano e gli pongono domande trabocchetto per tendergli un tranello. A questo punto, però è Gesù stesso che pone loro una domanda alla quale nessuno di loro è in grado di rispondere: «Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio? Gli risposero: Di Davide». Certamente tante volte lo avevano così invocato per le strade di Galilea, specialmente i poveri, i malati nel corpo e nello spirito, i peccatori. Ma Gesù nel suo incalzare i Giudei riprende: «Come mai allora Davide, lo chiama Signore? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?». Gesù conduce loro e anche noi credenti in Lui a un «al di là», ad un oltre, a un piano soprannaturale di fede: Egli è sì figlio di Davide per la discendenza umana, ma è anche signore di Davide, perché è Figlio di Dio! E proprio perché Figlio di Dio la sua storia oltrepassa i confini del popolo ebraico e diventa storia salvifica di tutti i popoli, storia che dona gratuitamente, per amore, il vero bene integrale a tutti senza distinzione e a ciascuno di noi ancora oggi.

Madre Sofia Cichetti, Badessa del Monastero benedettino di Claro

 

 

11 Agosto 2019 | 12:11
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