Venti milioni a rischio fame in quattro Paesi: appello del Pam

Venti milioni di persone, in quattro Paesi, sono a rischio carestia, si tratta di: Yemen, Sud Sudan, Somalia e Nigeria. Il drammatico appello all’Unione europea e agli Stati Uniti, affinché intervengano con donazioni, è stato lanciato dal direttore del Programma Alimentare Mondiale, David Beasley, che ha chiesto un miliardo di dollari per salvare la vita di queste popolazioni. Francesca Sabatinelli ha intervistato Francesco Luna, funzionario del Pam per i rapporti con i Paesi donatori:

R. – Serve che la comunità internazionale continui a darsi da fare, che non perda di vista l’emergenza, che si intensifichino le donazioni verso il Programma Alimentare Mondiale, l’organizzazione che porta da mangiare a queste persone. Ci sono 20 milioni di persone in questi quattro Paesi, Sud Sudan, Yemen, Somalia e Nord Est della Nigeria, che sono a rischio di carestia. Sono mesi che lottiamo contro la carestia, già dichiarata in alcune aree del Sud Sudan e che potrebbe essere dichiarata in altre aree di questi Paesi, ma abbiamo bisogno del sostegno della comunità internazionale.

D. – I numeri sono sconvolgenti. Di queste 20 milioni di persone a rischio, i bambini sono quasi sei milioni …

R. – Sì, i bambini sono circa cinque milioni e 700mila. Ed è stato fatto un calcolo terribile che però noi dobbiamo fare per avere a disposizione i dati: si è visto che se non si interviene con trattamenti intensivi rapidi immediati su questi quasi sei milioni di bambini, nei prossimi mesi 600mila bambini moriranno. Purtroppo è un messaggio triste, terribile, ma sono numeri con i quali noi dobbiamo fare i conti.

D. – Il direttore del Pam, David Bisley ha incontrato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, per sollecitare a intervenire da una parte l’Unione europea, dall’altra anche gli Stati Uniti …

R. – Sì, l’invito è a tutta la comunità internazionale. Gli Stati Uniti sono tradizionalmente un grande donatore, anche l’Unione europea lo è. È importante però che tutta la comunità internazionale, in particolare le economie più avanzate, più ricche, si sensibilizzino di più, facciano di più, perché non si può neanche accettare che siano poi sempre i soliti a farsi carico di queste situazioni di emergenza. L’emergenza riguarda tutti, riguarda la stabilità del pianeta, riguarda alla fine indirettamente, se vogliamo, anche gli interessi di tanti Paesi che a questo punto dovrebbero maggiormente prendere  coscienza del problema e quindi farsene carico un po’ di più.

D. – È importante sottolineare che l’allarme resta alto anche per i Paesi che sono confinanti, laddove poi entrano per andare a rifugiarsi coloro che fuggono dai Paesi che sono affetti da carestia e allo stesso tempo da violenze e da guerre. Un esempio: avete dimezzato le razioni per i rifugiati sud sudanesi riparati in Uganda …

R. – Esattamente. In Uganda ci sono tantissimi rifugiati sud sudanesi che scappano dalle violenze che ci sono in quel Paese. L’Uganda ha fatto veramente tanto per accoglierli e per dare loro una sistemazione. Noi stiamo operando d’intesa con il governo ugandese per assistere queste persone, ma purtroppo le risorse scarseggiano. Quindi ogni tanto dobbiamo prendere queste misure, ridurre le razioni. Questo è qualcosa di molto rischioso, anche perché stiamo entrando in questi tre Paesi, soprattutto in Sud Sudan, Somalia e Nord Est della Nigeria, nella stagione più difficile per quanto riguarda la fame, quando stanno finendo le scorte di raccolti e ancora non sono disponibili i raccolti successivi, quindi la gente ha meno risorse. Diminuendo le razioni, purtroppo, noi sappiamo bene che esponiamo molte famiglie al rischio di non mangiare a sufficienza e di andare, di conseguenza, verso la fame.

D. – Questo riguarda anche un altro Paese che rientra nei quattro da voi nominati: lo Yemen, Paese che oltre ad essere sull’orlo della grave carestia è devastato dalle armi …

R. – Abbiamo parlato del Sud Sudan. Lo Yemen è un luogo dove si sta svolgendo una tragedia: c’è una popolazione bloccata dalla guerra che è sotto assedio, affamata e che è molto difficile raggiungere. Quindi i nostri sforzi sono quotidiani, sono fortissimi, ma è importante che la comunità internazionale a tutti i livelli faccia qualsiasi sforzo per far cessare le ostilità, soprattutto in Yemen, perché è lì che la situazione è veramente tragica, ma anche negli altri Paesi dove i conflitti, la mano dell’uomo, causano la fame.

Francesca Sabatinelli (RadioVaticana)

30 Giugno 2017 | 11:36
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